Due decisioni assolutamente non condivisibili, giuridicamente e moralmente.

Il referendum sull'eutanasia aveva lo scopo di affermare un principio semplicissimo: consentire ad ogni essere umano, impossibilitato a vivere dignitosamente, in stato di incapacità a provvedere a sé stesso, di decidere il proprio fine vita, con la conseguente parziale abrogazione dell'art. 579 cp (omicidio del consenziente). 

La Corte Costituzionale, con una motivazione incomprensibile, ha spostato il baricentro del quesito    referendario "in quanto a seguito dell'abrogazione non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana in generale e con particolare riferimento alle persone deboli ed incapaci ".

È del tutto evidente che la problematica inerente alla modalità di manifestazione del consenso, nell'eventualità di un successo referendario, sarebbe stato oggetto di delega al parlamento, che avrebbe dovuto elaborare un rigido protocollo di regole e controlli per l'eutanasia assistita, con riguardo esplicito ai soggetti   in condizioni di minorata difesa personale.

La bocciatura del referendum sulla depenalizzazione della cannabis presenta rilievi, se possibile, ancora più paradossali, collegati, secondo la Consulta, ad una possibile violazione dei trattati internazionali, potendo consentire addirittura la coltivazione di coca ed oppio. 

Ipotesi tassativamente esclusa dal referendum che prevedeva esplicitamente la punibilità di chiunque    "produce, fabbrica, estrae, raffina" come avviene per la coca e l'oppio che per essere consumati devono essere sottoposti ad estrazione e raffinazione.


Avv. Patrizio Salerno

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