Abstract

Il presente studio ha la pretesa di essere una semplice riflessione sul valore della Mediazione. Lo studio tocca il tema dei rapporti tra Mediazione e Costituzione, ed offre spunti per guardare alla Mediazione in una chiave valoriale che consente di aprire spazi inaspettati ai diritti costituzionali; lo sviluppo delle argomentazioni trattate consente di comprendere come attraverso il servizio ed il riconoscimento che la Mediazione offre alla Costituzione si possa arrivare ad individuare nella stessa Mediazione un “valore” costituzionale.

Mediazione, l’“Altro” valore della Costituzione

Indice:

  • Note introduttive;
  1. La Mediazione: quello spazio dedicato alla persona;
  2. Mediazione e Costituzione;
  3. Il Principio di Fraternità in Mediazione


Note introduttive:

"Crea tutta la felicità che sei in grado di creare, elimina tutta l’infelicità che sei in grado di eliminare:

ogni giorno ti darà l’occasione, ti inviterà ad aggiungere qualcosa ai piaceri altrui, o a diminuire qualcosa

delle loro sofferenze. E per ogni granello di gioia che seminerai nel petto di un altro, tu troverai un raccolto nel

tuo petto, mentre ogni dispiacere che tu toglierai dai pensieri e sentimenti di un’altra creatura sarà sostituito da

meravigliosa pace e gioia nel santuario della tua anima"

Jeremy Bentham


1. Mediazione: quello spazio dedicato alla persona

Pensando alla Mediazione ed alle sue implicazioni con la Costituzione, non possiamo che pensare alla Mediazione come ad una astrazione, ovvero ad uno spazio in cui prendono voce i diritti della persona.

La Mediazione offre un tempo ed uno spazio di parola (1).

La Mediazione è lo spazio in cui si fanno largo le emozioni (2). Sappiamo che chi è in conflitto tende a “psicologizzare” il colloquio, ad affermare la propria volontà e provare che la propria ricostruzione rigorosamente logica della situazione è quella giusta; la Mediazione aiuta ad allentare questo meccanismo mentale per pervenire al piano essenziale “ontologico”, ossia a ciò che gli individui “provano”.

Uno spazio di espressione e di ascolto, uno spazio in cui ci si sente liberi di manifestare il proprio pensiero (3), senza deleghe, senza filtri, senza il giudizio di un terzo.

Uno spazio colorato in cui i vestiti della giurisdizione cambiano colore, in cui il colore nero delle toghe lascia il posto ai colori con cui le persone munite di proprio pennello scelgono di colorare i propri vestiti, la propria vita (4) .

Uno spazio in cui il diritto di espressione della persona in tutte le sue declinazioni trova la sua libertà di manifestazione.

La Mediazione offre uno spazio per il riconoscimento della persona ed è in quello spazio di mediazione che pullulano i principi costituzionali.

L'intera Carta Repubblicana costituisce un inno alla persona, ai suoi diritti fondamentali, alla sua dignità; un inno alla persona “salvaguardata” in “lunghezza, larghezza, profondità” (5). “Costituzione chiama Mediazione”? Certamente si.

Basti guardare al carattere compromissorio, allo stesso art. 1 della nostra Carta Costituzionale, ossia al fatto che essa fu il frutto di una convergenza tra forze sociali e politiche diverse e talora contrapposte: potremo dire una sorta di mediazione interculturale ante litteram.

La valenza assiologica dei principi introdotti sullo sfondo del compromesso politico- costituzionale fra le principali tradizioni culturali del Paese (cattolicodemocratica, socialista- comunista e liberale-azionista) realizzato in Assemblea Costituente, costituisce il riferimento attuale a cui la stessa Mediazione oggi si inspira.

Come si può leggere nell’ordine del giorno presentato da Giuseppe Dossetti in prima sottocommissione, nella seduta del 9 settembre 1946 il nuovo sistema costituzionale presuppone “la precedenza sostanziale della persona umana (...) rispetto allo Stato e la destinazione di questo al servizio di quella”; esso comporta “ad un tempo la necessaria socialità di tutte le persone, le quali sono destinate a completarsi e perfezionarsi a vicenda mediante una reciproca solidarietà economica e spirituale: anzitutto in varie comunità intermedie disposte secondo una naturale gradualità (comunità familiari, territoriali, professionali, religiose, ecc.), e quindi, per tutto ciò in cui quelle comunità non bastino, allo Stato”6).

Alla luce di quanto precede ci chiediamo: “Mediazione chiama Costituzione”?

Certamente si.

Quando si intraprende un percorso di mediazione per l’affermazione dei propri bisogni si entra in relazione non solo con sè stessi, ma anche con l' “Altro” (7), con la comunità di riferimento, con la collettività. Pertanto, viene in causa – rectius viene in Mediazione - il principio personalista e il riconoscimento dell’uomo come inserito nelle formazioni sociali. L’art. 2 della Costituzione “chiede” alla Mediazione di valorizzare la persona in relazione al contesto sociale in cui vive ed al contesto esperienziale in cui è nato il conflitto.

L’art. 2 della Costituzione, altresì “chiede” alla Mediazione di valorizzare la personalità dell’uomo, la sua immagine, la sua integrità morale, in una parola il suo diritto di essere rappresentato nella vita di relazione per come egli è realmente (8) con le sue contraddizioni, con la sua Alterità, “fair is foul and foul is fair” (9).

In un contesto figurato la Mediazione offre alla persona la possibilità di uscire fuori dalla immagine che lo specchio sociale o familiare rimanda di volta in volta, consentendo una visione che solo lo specchio dell’anima sa contemplare e restituire.

La Mediazione, allorquando tende per sua stessa natura al consolidamento di una relazione interpersonale con la persona con cui è sorto un conflitto, evoca principi che la Costituzione tiene a fondamento del suo insegnamento: la solidarietà, la fraternità (10).

Il messaggio che passa in Mediazione esige che la soddisfazione dei bisogni di una parte cammini insieme al riconoscimento dei bisogni dell'altra, in una reciproca composizione della “diversità” in cui non necessariamente occorre “dividere la torta” a metà per giungere ad un accordo che rispetti i diversi bisogni di cui ciascuna parte è portatrice.

Questo non accade nel ristretto, angusto e delimitato spazio del mondo delle toghe in cui i bisogni sono sostituiti dalle “sole” ragioni, in cui il gioco delle sfide prende il sopravvento sul dialogo, in cui l'affermazione delle ragioni di una parte equivale alla negazione delle ragioni dell'altra, in cui alla parola accoglimento fa da eco la parola rigetto, in cui alla pacificazione siglata dalle parti e durevole nel tempo si contrappone una pacificazione imposta, che, se pur pronunciata in “In nome del Popolo Italiano” recide i rapporti tra le parti, quasi sempre perpetuandone nel tempo e nelle generazioni gli effetti.


2) Mediazione e Costituzione

La Mediazione privilegia la persona guardando alla sua identità anche con riferimento all’altro, alla comunità; non a caso, da taluno è stata definita persino come un valore Costituzionale (11).

Se pensiamo ad alcuni principi richiamati dalla Costituzione, ci rendiamo conto come la Mediazione ne sia essa stessa espressione.

Pensiamo al principio personalista (art. 2 della Cost. “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo” (12) ed al principio solidarista (art. 2, comma 2 Cost.), che costituisce eplicazione dello stesso principio personalista.

I due principi non sono separabili; anzi, in Mediazione il secondo è il primo in azione, e va verso l' “humanitas” della persona, che ha nella dignità il suo tratto maggiormente identificante ed espressivo (come affermava Alessandro di Hales “la persona è una sostanza, che si caratterizza per una specifica proprietà o qualità, cioè la dignità”).

Su questo si concentra la Mediazione: persona e dignità.

Cosa si deve intendere per dignità? Il termine dignità (dal latino dignitas, dignus,) significa eccellenza, nobiltà, valore: perciò degno è ciò che ha valore e quindi merita rispetto. La “dignità” della persona umana significa che la persona umana merita assoluto rispetto per sé.

La dignità dell’essere umano è un valore culturale che fonda tutti gli altri valori, compresi quelli etici, nonché tutti i diritti a lui riconosciuti (13), perché la dignità umana nasce con la nascita dell’essere umano (14).

La dignità dell’essere umano è, pertanto, anche un principio etico, per il quale la persona umana non deve mai essere trattata solo come un mezzo, ma come un fine in sé15), principio enunciato con chiarezza dal filosofo tedesco Kant, il quale ha scritto testualmente: “Gli esseri razionali stanno tutti sotto la legge secondo cui ognuno di essi deve trattare se stesso e ogni altro mai semplicemente come mezzo, bensì sempre insieme come fine in sé” (16).

L’essere umano è degno perché è fine in se stesso, con il conseguente divieto assoluto di ogni sua strumentalizzazione, tenuto conto che la dignità non ha prezzo, non è comprabile, né vendibile.

Da tale principio se ne possono trarre due ulteriori principi, cioè il principio di tolleranza inteso come rispetto della libertà dell’altro e il principio del non danneggiare l’ “Altro” inteso come rispetto dell’integrità dell’ “Altro” (17).

Se la dignità è tutto ciò, se ne deve dedurre che essa richiede rispetto: rispetto di sé e rispetto dell’altro.

Il rispetto, inteso come tutela della dignità, diventa un diritto civile del soggetto umano, che ne è titolare, ma, nel contempo, si pone anche come un dovere giuridico, in base al quale ogni soggetto umano deve trattare l’altro e gli altri individui umani in modo che ognuno possa conservare la propria dignità, con la precisazione che detto dovere di tutela della dignità di ogni essere umano è un dovere più forte degli altri doveri (18).

Se la Costituzione guarda alla persona, alla sua dignità sia come individuo singolo, sia come individuo nelle relazioni sociali, esaltando la stessa con i medesimi diritti che spettano a tutte le altre persone, non possiamo che dedurne che la Mediazione lavorando al processo di riconoscimento della persona e dell’ “Altro”, non possa che essere un valore di cui si avvale la Costituzione per potersi esprimere .

Per questo la Mediazione è anche riconducibile al principio personalista ed al correlato principio pluralista (19) che fonda la tutela dell'uomo sia come individuo sia nelle relazioni sociali.

Teniamo presente che il principio personalista garantisce la tutela dell’ “uomo” con i medesimi diritti che spettano a tutti gli altri uomini (20)

Da ciò ne possiamo dedurre che il riconoscimento reciproco delle parti, l’incontro, il consenso all’accordo, infine l’accordo stesso, raggiunti in Mediazione non sono altro che esplicazioni dei principi personalista e solidarista, esplicazione dei principi valoriali in cui Mediazione e Costituzione si incontrano insegnandoci che al diritto corrisponde un dovere e che la responsabilità è il debito che si matura nell’esercizio delle proprie libertà.

L’accordo raggiunto in Mediazione consente al principio personalista di ampliarsi e di generare la funzione tipica di altri principi costituzionalmente riconosciuti.

Nell’accordo raggiunto in Mediazione si valorizza l’apporto di ciascuna parte, ed ogni parte è ritenuta una risorsa preziosa per risolvere i problemi che hanno dato origine al conflitto. Il contributo di ciascuno e di tutti, primo mattone indispensabile nella costruzione dell’edificio comune, è elemento che sta a base della logica della sussidiarietà (21).

La sussidiarietà prevede infatti, per la sua realizzazione, che si instaurino rapporti fra soggetti pubblici e soggetti privati in vista del perseguimento di un interesse comune ad entrambi, l'interesse generale (sussidiarietà orizzontale, art.118, quarto comma della Costituzione). Secondo il paradigma fondato sul principio di sussidiarietà orizzontale cittadini ed amministrazioni stabiliscono rapporti, anche duraturi nel tempo, fondati sulla collaborazione, il rispetto reciproco e l'integrazione, anziché sulla rigida separazione dei ruoli, la diffidenza e la separatezza. Si sviluppano in tal modo rapporti fondati sull'autonomia relazionale nell'ambito dei quali, per quanto s'è detto sopra, tutti i soggetti che formano i nodi della rete di rapporti sono da considerare come portatori di risorse, ognuno secondo le proprie capacità e possibilità.

L’attivarsi di cittadini singoli e associati per realizzare l’interesse generale configura un’assunzione di oneri e responsabilità per fini non (solo) egoistici; in altri termini, così come accade per l’esercizio dei cosiddetti “nuovi diritti” (diritto all’ambiente, all’efficienza della pubblica amministrazione, all’informazione, etc.), anche nella realizzazione del principio di sussidiarietà orizzontale i cittadini che si attivano mirano ad ottenere un vantaggio in cui può esserci un mix di interesse personale e di solidarietà. Secondo il paradigma fondato sul principio di sussidiarietà orizzontale cittadini ed amministrazioni stabiliscono rapporti, anche duraturi nel tempo, fondati sulla collaborazione, il rispetto reciproco e l'integrazione, anziché sulla rigida separazione dei ruoli, la diffidenza e la separatezza. Si sviluppano in tal modo rapporti fondati sull'autonomia relazionale nell'ambito dei quali, per quanto s'è detto sopra, tutti i soggetti che formano i nodi della rete di rapporti sono da considerare come portatori di risorse, ognuno secondo le proprie capacità e possibilità. L'interesse generale diventa allora il ponte che unisce l'art. 3, 2° e l'art. 118 della Costituzione (22).

Se il risultato della Mediazione è un accordo contrattuale questo non significa che l’interesse soddisfatto possa limitarsi a quello privato delle parti che pure viene realizzato.

L’accordo, se pur ha una natura contrattuale, non si esaurisce, come invece accade nella transazione, nella finalità solutoria della lite e dunque solo nell’esclusivo interesse delle parti a dirimere la loro controversia. Il privato, quando interviene in Mediazione si presta a realizzare anche un servizio di interesse pubblico e generale come quello della giustizia civile, realizzando responsabilmente la piena affermazione del principio di sussidiarietà.

Quindi, nell’ambito della Mediazione in quanto procedimento istituzionalizzato, ogni accordo, ogni conciliazione, ogni contratto risponde alla finalità di interesse generale di autoamministrare la giustizia civile in modo da liberare le limitate risorse disponibili per i casi che effettivamente possono essere risolti solo nei Tribunali statali e che costano alla collettività infinitamente di più.

Molte sono le disposizioni costituzionali richiamate dalla mediazione, non tutte qui percorribili.

Ci preme ricordare che la mediazione richiama, tra le altre, la disposizione costituzionale che tutela il diritto di difesa, dovendosi riconoscere come spesso la mediazione rappresenti la via per ottenere un risultato ugualmente satisfattorio, senza necessità di accedere alla giurisdizione. Peraltro, se da una parte potrebbe sostenersi una lesione del diritto di difesa, posto che si instaura una procedura alternativa al giudizio, va però considerato che non sarebbe una contrapposizione con l’art. 24 Cost., in quanto avvalersi della mediazione non comporta una necessaria rinuncia alla possibilità di agire successivamente in giudizio, in caso di mancato accordo. In tale visione, la Mediazione non limiterebbe il diritto d’azione in senso sostanziale; soltanto in termini temporali, inciderebbe sull’esperimento dei rimedi giurisdizionali volti a salvaguardare gli “interessi generali”, imponendo degli oneri (in senso lato) senza un eccessivo sacrificio del diritto di azione, posto che la tutela giurisdizionale sarebbe (soltanto) rinviata.


3) Il principio di Fraternità in Mediazione

Le parole del filosofo e giurista inglese Jeremy Bentham, poste ad incipit del presente scritto costituiscono un invito universale alla fraternità, fraternità che poi è anche lo spirito, quello umanistico e più profondo di ogni Mediazione, non esclusivo della Mediazione umanistica propriamente detta.

Parole che, con quello spirito, possono essere pensate per la Mediazione, che di per sé si pone come ponte di legame “fraterno” fra le parti.

Si è parlato dei principi costituzionali e si è fatto cenno alla fraternità (23).

Il concetto di fraternità è certamente il bacino referenziale da cui l’apparato di norme costituzionali traggono gran parte del proprio fondamento.

Si può intendere la fraternità come un valore che non si riduce al generico appello ai buoni sentimenti?

Si può intendere come un valore che non sia riservato soltanto ai legami affettivi?

Ci chiediamo se la fraternità sia confinata nello spazio angusto delle relazioni familiari e se sia davvero questa l’idea di uomo sottesa alla nostra Carta costituzionale.

Ricordiamo che il principio personalistico, tra le anime della nostra Costituzione “riconosce che nell’umanità riposa, come elemento strutturale, il bisogno di relazione e di cura”, che l’intrinseca fragilità dell’individuo rende la sua tanto reclamata libertà un concetto vuoto, una libertà che non è libera di fare nulla fuori da quella formazione sociale che dell’individuo è origine e culla (24)

La domanda si pone anche per la Mediazione, e cioè se il principio di fraternità sia contemplato in quello spazio in cui la stessa Mediazione opera.

La Mediazione, apre al concetto di fraternità (25) in quanto essa fraternizza le relazioni spezzate aprendo il diritto soggettivo individuale della persona verso il “ noi”.

Una fraternità intesa non come beneficienza, semmai come benevolenza.

Una fraternità che è più forte della solidiarierà.

Una fraternità che è assunzione di responsabilità nei confronti degli altri. Un “altro” che

seppure estraneo viene riconosciuto come “altro sé”.

La mediazione non lascia spazio alla indifferenza.

Essa è lo strumento che consente al diritto di aprirsi ad una maggiore attenzione a valori come

l’altruismo, la compassione, la gratuità, la responsabilità e la cura dell’altro.

Alla domanda posta da Caino “sono forse io custode di mio fratello?” si potrà rispondere con

le parole della Mediazione “si, sono io il custode di mio fratello".

La Mediazione in generale, non esclusa la Mediazione penale, esce dal rapporto di forza, esce dall’imprigionamento dei ruoli, accusato, vittima, danneggiato.

Si proprio così.

La Mediazione può operare una trasformazione, un rovesciamento dei ruoli.

Si pensi alla violenza.

Se “la guerra è nello spirito degli uomini” (26), se la violenza nasce dal conflitto interiore dell’uomo, la violenza con la Mediazione può trovare il proprio “spazio” per dirsi e per trasformarsi.

La Mediazione “fraternizza” non solo la relazione tra accusato e vittima, ma anche quella tra la stessa persona dell’accusato, ovvero tra l’accusato in quanto autore del reato e l’accusato in quanto uomo.

Se la violenza non è altro che la sfida che l’uomo lancia a sé stesso ed il conflitto non è nient’altro che l’incontro di due fratelli nemici, plasmati secondo l’immagine del doppio, dove ognuno diviene di volta in volta lo specchio dell’altro, dove ognuno trova l’avversario necessario per confrontarsi con sé stesso (27), la Mediazione possiede gli strumenti per tirare fuori le immagini da entrambi gli specchi.

Se il conflitto è la disperazione, il disagio di chi non sa confrontarsi con una sofferenza talmente grande da non poter essere sopportata, la Mediazione è sicuramente lo strumento che consente di “tirare fuori” il non-detto che ha provocato il conflitto, di collocarlo, di riconoscerlo e di superarlo.

La Mediazione, in un quadro figurato, tende la mano all’uomo considerandolo un fratello aiutandolo a riconoscersi consapevolmente ed a superarsi.

Non solo. La Mediazione, come una madre che cura i propri figli, instaura un dialogo tra accusato e vittima, la quale anch’essa ha bisogno di riconoscimento e soprattutto ha bisogno che l’accusato riconosca il propio atto e le sue conseguenze: ha esigenze delle scuse, del suo rincrescimento.

Tutto questo fa pensare allo stesso obiettivo che si pone la tragedia, quella greca.

Pensiamo All’Edipo re (28).

Edipo da Giustiziere diviene l’assasino di Laio, un criminale, da oppressore ad oppresso, da cieco quando possedeva la vista, a capace di vedere, quando ne avrà perso l’uso. Edipo è il paradigma dell’uomo doppio; Edipo vive una evoluzione che lo porterà al rivesciamento di sè così come nella Mediazione le parti possono vivere una evoluzione che le porterà al rovesciamento della situazione.

La tragedia aiuta a riconoscere nel conflitto questo lato opaco ed inspiegabile che è insito nella persona e che costituisce un limite al riconoscimento del fratello.

La Mediazione si pone come obiettivo di riportare la pace generata dal conflitto.

Ed è questo il messaggio che la Costituzione vuole portare quando entra in Mediazione, quando “chiede” alla Mediazione: il messaggio di pace.

Ogni essere umano ha prima o poi esperito una relazione iniziata in modo armonico e finita con il crollo di ogni illusione. La ragione, non offre spesso alcuna spiegazione, poiché il dramma non si situa al livello razionale, ma un livello di profondità dell’anima di cui non siamo coscienti. A differenza della Giustizia, la Mediazione non si fissa sui fatti, ma cerca di fare in modo che emerga il non- detto.

ll non- detto, allontana e non fraternizza.

Nella Mediazione possiamo trovare la “trama” di tale processo di fraternizzazione, poiché il riconoscimento reciproco delle parti passa attraverso un processo di dialogo che supera il non – detto.

La Mediazione non è la Giustizia così come oggi è intesa, non è un’altra forma di Giustizia, una giustizia in scala ridotta. Può agire in modo complementare alla giustizia, alla educazione, alle strutture sociali, ma ha una identità sua propria, un valore che si rispecchia nella Costituzione.

Si può affermare che la Mediazione attaverso la chiave costituzionale in cui si è brevemente analizzata assurge essa stessa a valore identificabile nei principi costituzionali.

In conclusione l’immagine della Mediazione che abbiamo cercato di scrivere permette di vedere le infinite possibilità in essa contenute, affinchè ognuno di noi possa realizzare più facilmente le sue potenzialità di individuo libero, ma solidale, capace di ricreare un legame sociale attraverso il conflitto che lo separa dagli altri.


Alessandra Panduri

Avvocato, Mediatore e Formatore


Note:

  1. J. Morineau “ Lo spirito della Mediazione”, Prefazione di Adolfo Ceretti, 2° ed. Franco Angeli s.r.l. Milano, 2000, pag. 88.
  2. Secondo Aristotele l’emozione è il fondamento della esistenza e conoscenza umana, “sento e dunque sono”: primato delle emozioni.
  3. Si veda la sentenza n. 168 del 1971, in cui la C.Cost. ha sottolineando che il diritto previsto dall’art. 21 Cost. è «il più alto, forse,» dei «diritti primari e fondamentali» sanciti dalla Costituzione; definito anche «pietra angolare dell’ordine democratico» (sentenza n. 84 del 1969), «cardine di democrazia nell’ordinamento generale» (sentenza n. 126 del 1985). In senso analogo, anche le sentenze: n. 11 del 1968, che definiscono il diritto di cui all’art. 21 Cost. «coessenziale al regime di libertà garantito dalla Costituzione»; n. 98 del 1968, secondo cui la «libertà di manifestazione del pensiero [...] è ordine dell’ordinamento democratico»; n. 126 del 1985 (già citata), ove si ribadisce «la rilevanza centrale [...] che la libertà di manifestazione del pensiero, anche e soprattutto in forma collettiva, assume ai fini dell’attuazione del principio democratico».
  4. N. Kazanzakis, “ Uomo , artefice del suo destino” in Poesia, 2000.
  5. E . Mounier 1955; V. Baldini 2007, 58, in Appunti di Enciclopedia sulla dignità dell’uomo di A. Ruggeri 2014, Università Studi di Cassino e del lazio Meridinale – ISSN: 2240-9823.
  6. G. Dossetti, Assemblea Costituente, Prima Sottocommissione, seduta del 9 settembre 1946, in La Costituzione, cit., VI, 324. Al riguardo si v., fra gli altri: U. De Siervo, Scelte e confronti costituzionali nel periodo costituente. Il progetto democratico cristiano e le altre proposte, in Jus, 1979, spec. p. 16; nonché sia consentito pure il rinvio a V. Tondi della Mura, Principio di sussidiarietà e formazioni sociali: spunti problematici alla luce dei lavori preparatori della Costituzione, in L. Lippolis (a cura di), Costituzione e realtà attuale, 1948- 1988, Giuffrè, Milano, 1990, p. 277 ss..
  7. Si veda J. Morineau, La Mediazione Umanistica, Un altro sguardo sull’avvenire: dalla violenza alla pace, Erickon Saggi Sociali,2015; si veda anche F. Diozzi, “Mediazione e negoziazione assistita”, Ed. Giuffrè, 2017, significativo volume in cui si analizzano le varie esperienze di mediazione.
  8. 8 Si veda P. Faraguna, Ai confini della Costituzione, Principi Supremi ed identità costituzionale,Studi di diritto pubblico, ed Franco Angeli 2015: ed anche G. Pino, Il diritto alla identità personale, iil Mulino, 2003.
  9. Il bello è brutto ed il brutto è bello; il vero è falso ed il falso è vero, in una circolarità di contraddizioni che caratterizzano l’essere umano per quello che è, nelle sue contraddizioni, nella sua fragilità.
  10. La solidarietà nella sua forma ideale e sublime rappresentazione è “fraternità”, quindi rispetto della socialità, solidiarietà come “libera e spontanea espressione della socialità che caratterizza la persona”: si veda in proposito sent. 75 del 1992 C. Cost. alla quale fa richiamo E. Reossi 2006, 56.
  11. N. Colaianni, La Mediazione come valore costituzionale, in Minorigiustizia, 1999, 2,2, pp. 32-39 - Si veda anche A. Lorenzetti, il “Tessuto costituzionale della mediazione”, Fascicolo n. 3/ 2015 ~ Saggi e articoli – Parte II ISSN: 2036-6744; F. Occhiogrosso, La mediazione familiare nella prassi dei tribunali, in A.a.V.v., La mediazione familiare nel diritto interno e nelle situazioni transfrontaliere, Napoli, 2007, pp. 31-44, che richiama un’espressione mutuata dalla dottrina tedesca.
  12. Merita lettura la sentenza della corte cost. n. 126 del 1985. Preme una precisazione: l’inciso di cui all’art. 2 della Costituzione coglie tutta la tradizione liberale e giusnaturalista: quei diritti sono considerari diritti naturali, non creati giurididicamente dallo stato, ma ad esso preesistenti: tale interpretazione è agevolmente rinvenibile nella parola riconoscere che implica la preesistenza di un qualcosa. Tale impostazione stimolata dalla componente d’inspirazione cattolica dell’assemblea costituente, fu il frutto di una sentita reazione al totalitarismo ed alla concezione hegeliana dello stato.
  13. E. Dussel, Dignità: negazione e riconoscimento in un contesto concreto di liberazione, in AA.VV, Il dibattito sulla dignità umana, Concilium, n.2/2003, pag.68. Vogliamo ricordare una frase di Sergio Mattarella significativa al riguardo “Muto le condizioni di vita, ma cè qualcosa che rimane costantemente inalterato ed è il complesso di valori che danno senso alla vita ed alla condizione umana: dignità della persona, il bene comune, il rispetto dgli altri, la responsabilità verso coloro con cui viviamo lo stesso tetto...questo complesso di valori è quello che la cultura aiuta ad individuare e a farlo proprio”.
  14. H. Jonas, Il principio responsabilità, Einaudi, Torino, 1990, p. 124.De Rosa G., La dignità della persona, in La Civiltà Cattolica, quaderno n. 3701, 4.09.04, pag. 372; si veda anche J. Seifert, Il diritto alla vita e la quarta radice della dignità umana, in AA.VV, Natura e dignità della persona umana a fondamento del diritto alla vita, Libreria Editrice Vaticana, Roma, 2003, pag. 197.
  15. A. Lalande, Vocabolario tecnico e critico della filosofia, ISEDI, Milano, 1971.
  16. I.Kant, Fondazione della metafisica dei costumi, Editori Laterza, 1997, pag. 101.
  17. U. Scarpelli, Bioetica laica, Baldini & Castoldi, Milano, 1998, pagg. 232-236. A proposito di tolleranza mertia ricordo una frase di
  18. B.J.Tahar “non incontrerai mai due volti assolutamente identici. Non importa la bellezza o la bruttezza: queste sono cose relative. Ciascun volto è il simbolo della vita. E tutta la vita merita rispetto. E’ trattando gli altri con dignità che si guadagna il rispetto per se stessi”. Defanti, Osservazioni sul principio di rispetto per la dignità della persona umana, in AA.VV, Bioetiche in dialogo, Editore Zadig, Milano, 1999, pp.94 – 95...Gandhi diceva “la vera fonte dei diritti è il dovere. Se adempiamo i nostri doveri, non dovremo andare lontano a cercare i diritti. Se, lasciando i doveri inadempiuti, rincorriamo i diritti, ci sfuggiranno come fuochi fatui. Quanto più li inseguiamo, tanto più fuggono lontano.....”.La dignità, proprio perché fonte di diritti, lo è al tempo stesso di doveri, nei termini che ci vengono proposti, ad esempio, sia dall’art. 2 della Costituzione italiana, attraverso il riconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo e la richiesta di adempimento ai doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
  19. Si guardi al pluralismo delle formazioni speciali tutelato in vari articoli della Cost.:pluralismo degli enti politici territoriali art.5) delle minoranze linguistiche art.6) delle confessioni religiose (art.8) delle associazioni art. 18) di idee ed espressioni art. art.21) della famiglia art. 29) della cultura art. 33 comma 1, delle scuole art. 33 comma 3) delle istituzioni universitarie e di alta cultura art.33 comma 6), dei sindacati art. 39) e dei partiti politici art. 49).
  20. In tal senso, assume un particolare rilievo l’affermazione, nell’art. 3 della Costituzione italiana "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge...” (art.3), dell’eguaglianza formale accanto alla pari dignità sociale ed al compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli e le limitazioni alla libertà ed all’eguaglianza.La dignità individua l’essenza e l’identità dell’uomo, in quanto tale. Senza di essa non può esservi eguaglianza né libertà; è il presupposto della relazione con l’altro e del riconoscimento reciproco; garantisce – nell’eguaglianza che nasce dalla comune dignità – il rispetto delle diversità e al tempo stesso l’impegno alla eliminazione degli ostacoli che trasformano le differenze in condizioni, in realtà, di inferiorità: cioè in coefficienti non già di arricchimento reciproco, attraverso il valore del pluralismo, bensì di discriminazione e di sopraffazione.
  21. A. Albanese, “Il Principio di sussidiarietà orizzontale”: autonomia sociale e compiti publbici, in Diritto pubblico, 2002, n. 1, pp. 51-84; S. Bartole, “Riflessioni sulla comparsa del principio di sussidiarietà”, in “Studium Jiuris”, 1999, n.3 pp 380-385; A. D’Atena, “Costituzione e principio di sussidiarietà”, in “Quaderni Costituzionali”, 2001, n.1, pp.13-33; P. Duret, La sussidiarietà “orizzontale”: le radici e le suggestioni di un concetto, in “Jus”,2000, n.1,pp.94-145.
  22. Per un approfondimento dei profili, anche operativi, riguardanti i cittadini come portatori di risorse sia consentito rinviare a G. Arena, Introduzione all'amministrazione condivisa, in Studi parlam. e di pol. cost., 117-118, 1997, 29 ss; si veda anche G. Cotturri, Potere sussidiario, Roma, 2001; F. Pizzetti, Il principio di sussidiarietà tra retorica e realtà, in Nonprofit, 3.2001, 267; P. De Carli, Sussidiarietà e governo economico, Milano, 2002.
  23. Principio apparentemente illiberale? Si diceva: come può un ordinamento “istituire” la fraternità fra i cittadini senza risultare violento nei confronti del loro libero sentire?.
  24. La solidarietà nella sua forma ideale e sublime rappresentazione è fraternità, quindi rispetto della socialità, stessa socialità solidiarietà come “libera e spontanea espressione della socialità che caratterizza la persona (sent. 75 del 1992 C. Costituzionale).
  25. F. Pizzolato, Il Principio costituzionale di fraternità, itinerario di ricerca a partire dalla Costituzione itialiana, ed. Città Nuova pubb. 06/2012.
  26. ”la guerra è nello spirito degli uomini” sosteneva uno dei fondatori dell’Unesco.
  27. Si pensi anche a Jean Coceau nella sua versione poetica e cinematografica della fiaba “La bella e la bestia” in cui ha voluto rappresentare l’incontro di queste due parti dell’essere umano
  28. Sofocle, Edipo re, 1840, trad. ital. In Opere, Einaudi, Torino 1966.


Bibliografia:

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  • G. Arena, Introduzione all'amministrazione condivisa, in Studi parlam. e di pol. cost., 117-118, 1997, p.29. B. Bartole, “Riflessioni sulla comparsa del principio di sussidiarietà”, in “Studium Juris”, 1999, n.3 pp 380- 385
  • J. Cocteau “La bella e la bestia” (La Belle et la Bête) film d 1946 diretto da Jean Cocteau e (non accreditato) René Clément, presentato in concorso alla prima edizione del Festival di Cannes.
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  • G. Cotturri, Potere sussidiario, Roma, 2001.
  • A. D’Atena, “Costituzione e principio di sussidiarietà”, in “Quaderni Costituzionali”, 2001, n.1, pp.13-33 De Carli, Sussidiarietà e governo economico, Milano, 2002.
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  • P. Duret, La sussidiarietà “orizzontale”: le radici e le suggestioni di un concetto, in “Jus”,2000, n.1,pp.94- 145.
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