La Corte d’appello confermava la condanna di un imputato nella qualità di Au. per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso nella gestione delle società di un Gruppo in concorso con gli amministratori delle medesime e, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, riteneva la sua responsabilità anche per un ulteriore fatto distrattivo in relazione al quale era stato in precedenza assolto e affermava la sussistenza delle aggravanti della pluralità dei fatti di bancarotta e del danno di rilevante gravità in precedenza escluse, assolvendolo dall’accusa di concorso esterno in associazione a delinquere finalizzata, tra l’altro, alla commissione dei menzionati reati fallimentari, per la quale invece era stato condannato in prime cure, procedendo infine alla rimodulazione del trattamento sanzionatorio.

Avverso la sentenza ricorre l’imputato in Cassazione, la quale rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

I fatti ed i comportamenti ritenuti colpevoli riguardano le forniture da parte delle aziende facenti capo all’imputato, degli arredi dei punti vendita italiani ed esteri del gruppo, le quali, in alcuni casi, sarebbero state sovrafatturate in forza di un accordo intervenuto tra l’imputato ed un altro Amministratore, presidente, prima, e amministratore delegato, poi, di alcune delle società assoggettate a procedura di amministrazione straordinaria ex DLgs. n. 270/1999 e dichiarate in stato d’insolvenza oltre al fatto che ed in altri casi sarebbero state invece indebitamente pagate due volte.

Si rileva inoltre che, la Corte distrettuale, nel riformare tale decisione, ha invece ritenuto la natura comunque distrattiva dei pagamenti effettuati dalla menzionata dell’imputata e ciò anche prescindere dal fatto che gli stessi potessero o meno considerarsi una indebita “duplicazione” di quelli effettuati dalla società di leasing trattandosi in ogni caso di erogazioni compiute senza valido corrispettivo e nell’esclusivo interesse delle società operative estere che gestivano i singoli punti vendita e che avevano determinato un ingiustificato depauperamento della capogruppo, la quale avrebbe sostanzialmente e immotivatamente soddisfatto debiti di soggetti terzi in danno dei propri creditori.

La Corte di Cassazione ha ritenuto logici e pienamente provati i fatti ed i comportamenti descritti e rappresentati.


Giuseppe Garro

Studio di consulenza Tributaria e Fiscale in Siracusa

Fonte: Fisco e Diritto 10 dicembre 2014


.