L’unione fa la forza! Questo saggio proverbio potrebbe essere utilizzato quale analogia scherzosa al sempre più utilizzo contratto di rete.

Si tratta di un contratto tra imprese avente ad oggetto l’accrescimento, sia individuale che collettivo, della capacità innovativa e della competitività sul mercato.

E’ innegabile che la crisi economica ha determinato sempre più perdite di mercato per le aziende italiane, soprattutto per la piccola e media impresa; la collaborazione tra imprese diventa quindi una valido strumento per superare alcuni oggettivi ostacoli alla crescita economica, alla presenza sul mercato e di conseguenza, aumentare la produttività.

Il concetto di contratto di rete è stato introdotto per la prima volta dall’art. 6 bis della Legge 133/2008. Detta Legge rinviava ad un decreto del Ministero per lo Sviluppo Economico. La volontà del legislatore era quella di “promuovere lo sviluppo del sistema delle imprese attraverso azioni di rete”. Il comma 2 del sopra citato articolo dava una prima definizione di rete di imprese, quali: “libere aggregazioni di singoli centri produttivi coesi nello sviluppo unitario di politiche industriali, anche al fine di migliorare la presenza sul mercato internazionale”. Questo decreto ministeriale però non vide mai la luce, si dovette infatti attendere la Legge 33/2009 per vedere finalmente disciplinata per la prima volta la rete di imprese ed, in particolare, il contratto di rete (art. 3 Legge 33/99).

Nel tempo vi è stata una corposa evoluzione normativa sia sotto l’aspetto giuridico che sotto quello fiscale.

Con la Legge Sviluppo n. 99/2009, la Legge n. 122/2010, Legge n. 134/2012, Legge 221/12 sono state introdotte molte sostanziali novità, finalizzate a rendere questa tipologia contrattuale sempre più “appetibile” per gli imprenditori:

  • estensione dell’ambito di applicazione a tutte le forme di impresa (prima solo SPA)
  • attribuzione della autonomina patrimoniale perfetta
  • istituzione facoltativa di un fondo patrimoniale (prima obbligatoria)
  • responsabilità contrattuale limitata al fondo comune per le obbligazioni assunte dall’organo comune
  • possibilità di inviare al Registro Imprese il contratto di rete sottoscritto con firma digitale.

Va detto che questa molteplice produzione normativa ha comportato alcune difficoltà.  Non essendo infatti stato imposto alcun adeguamento alle normative, oggi possono esistere delle reti di impresa disciplinate da norme diverse, con conseguenti ed evidenti difficoltà in caso di contenzioso giudiziale.

Ma torniamo alla disciplina del contratto: le imprese, obbligandosi a collaborare tra loro sulla base di un progetto comune contrattualmente determinato, si scambiamo non solo il proprio know-how, ma altresì le prestazioni industriali, commerciali ecc.

In base alla normativa vigente il contratto di rete deve prevedere una serie di clausole ben definite; in particolare, le imprese che formano la “rete” devono fissare gli obiettivi strategici con cui aumentare la loro competitività nonchè prevedere le modalità con cui perseguire tali obiettivi, la definizione di uno programma e di uno scopo comune da perseguire, la durata del contratto, gli obblighi e i diritti di ciascun singolo imprenditore firmatario del contratto ecc.

Ovviamente, non è compito del legislatore prevedere gli obiettivi specifici che consentono alle imprese di conseguire maggiore competitività sul mercato. Devono quindi essere le aziende stesse ad avere ben chiaro l’obiettivo da perseguire e soprattutto le modalità concrete per raggiungerlo.

Trattandosi di un contratto, le imprese appartenenti alla rete assumono obblighi e doveri contrattuali. Saranno gli imprenditori a decidere quali oneri assumere ma, ovviamente, il contratto di rete dovrà necessariamente prevedere: un programma comune, una fattiva collaborazione tra le imprese, lo scambio di informazioni e prestazioni, l’esercizio in comune di attività ben definire per perseguire lo scopo comune.

A parere di chi scrive il contratto di impresa si presenta come un valido strumento che, se ben utilizzato, può aumentare concretamente le possibilità di sviluppo e crescita imprenditoriale, in particolare della PMI italiana.

Va comunque evidenziato che non molti imprenditori sono disponibili a mettere in comune la propria esperienza e professionalità a vantaggio di un gruppo di imprese, sebbene aventi lo stesso scopo di crescita comune.

Ed è spesso per tale ragione che il contratto di rete non viene concretamente utilizzato. Sarà quindi interessante analizzare l’utilizzo del contratto di rete tra gli imprenditori italiani riportando i dati statistici di Unioncamere Nazionale:

  • 995 contratti di rete
  • 102 province (assenti Enna, Vercelli, Vibo Valentia)
  • 5.204 posizioni presenti
  • 4.924 imprese coinvolte
  • 3.299 società di capitali (tra cui 2.748 Srl – 551 Spa)
  • 649 società di persone (360 snc – 236 sas – 53 ss)
  • 522 impresa individuali
  • 341 cooperative


Sabrina Malaguti

www.sabrinamalaguti.com

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