L’emanazione del provvedimento direttoriale del 22 dicembre 2011 (prot. 185820/2011) ha definito con esattezza il perimetro dei soggetti che potranno “entrare” nel regime dei minimi dal 2012, dopo le modifiche apportate dall’art. 27 del DL 98/2011, nonché il periodo di permanenza massima nel regime stesso.

Focalizzando l’attenzione, in questo intervento, sui soggetti già in attività al 31 dicembre 2011, il provvedimento direttoriale citato conferma che l’ingresso nel regime dei “nuovi” minimi è riservato a coloro che hanno intrapreso l’attività successivamente alla data del 31 dicembre 2007 e che presentino i requisiti previsti dall’art. 1, commi da 96 a 99, della L. n. 244/2007, specificati di seguito.

A tal fine, si considerano contribuenti minimi le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni che, al contempo, nell’anno solare precedente:

  • hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30.000 euro;
  • non hanno effettuato cessioni all’esportazione;
  • non hanno sostenuto spese per lavoratori dipendenti o collaboratori di cui all’articolo 50, comma 1, lettere c) e c-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, anche assunti secondo la modalità riconducibile ad un progetto, programma di lavoro o fase di esso, ai sensi degli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, né erogato somme sotto forma di utili da partecipazione agli associati di cui all’articolo 53, comma 2, lettera c), dello stesso testo unico di cui al D.P.R. n. 917 del 1986;
  • nel triennio solare precedente non hanno effettuato acquisti di beni strumentali, anche mediante contratti di appalto e di locazione, pure finanziaria, per un ammontare complessivo superiore a 15.000 euro.

Non sono comunque considerati contribuenti minimi:

  • le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini dell’imposta sul valore aggiunto;
  • i soggetti non residenti;
  • i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all’articolo 10, numero 8), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e di mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 53, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
  •  gli esercenti attività d’impresa o arti e professioni in forma individuale che contestualmente partecipano a società di persone o associazioni di cui all’articolo 5 del citato testo unico di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero a società a responsabilità limitata di cui all’articolo 116 del medesimo testo unico (anche se sul punto è stato recentemente chiarito dall’Agenzia delle Entrate che risulta compatibile con il regime la posizione di socio accomandante).

Ai precedenti requisiti si sono aggiunti quelli previsti dall’art. 27, comma 2, del DL 98/2011 e cioè che l’attività da esercitare per entrare a far parte del nuovo regime non deve costituire mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente, prevedendo comunque che tale preclusione “non opera laddove il contribuente dia prova di aver perso il lavoro o di essere in mobilità per cause indipendenti dalla propria volontà”. Tale precisazione, oltre ad essere condivisibile, risolve diverse situazioni riferite a lavoratori dipendenti che, a causa della crisi, hanno perso il posto di lavoro, ma che hanno continuato a svolgere la stessa attività aprendosi (forzatamente) una partita IVA.

Altra importante precisazione attiene a coloro che hanno intrapreso una nuova attività in data successiva al 31 dicembre 2007, avvalendosi del regime delle nuove iniziative produttive, di cui all’art. 13 della L. n. 388/2000, i quali “possono accedere al regime fiscale di vantaggio per i periodi d’imposta residui al completamento del quinquennio ovvero non oltre il periodo di imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età” (si pensi, ad esempio, ad un soggetto che ha iniziato l’attività nel 2009 all’età di 38 anni, fruendo del regime delle nuove iniziative produttive per il triennio 2009-2011, che può accedere al regime dei nuovi minimi per gli anni 2012 e 2013).

Relativamente alla durata del regime, il provvedimento direttoriale fuga alcuni dubbi emersi nei mesi precedenti, precisando che:quale regola generale, il regime in questione si applica per il periodo d’imposta d’inizio dell’attività e per i quattro successivi;in deroga, per i soggetti che non hanno ancora compiuto 35 anni, il regime può essere applicato anche oltre il quinquennio e, comunque, fino al periodo d’imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età, senza esercitare alcuna opzione.

Dopo la fuoriuscita, il rientro non è possibile.

Di particolare rilevanza è la precisazione contenuta nel Provvedimento in commento (§ 3.3), secondo cui “coloro che, per scelta o al verificarsi di un motivo di esclusione, cessano di applicare il regime fiscale di vantaggio non possono più avvalersene, anche nell’ipotesi in cui, nel corso del quinquennio ovvero non oltre il periodo d’imposta di compimento del trentacinquesimo anno di età, tornino in possesso dei requisiti”; in buona sostanza, una volta entrati nel regime dei minimi, il contribuente può restarci al massimo cinque anni consecutivi (o anche più se under 35) e l’eventuale uscita per qualsivoglia motivo ne impedisce il rientro, anche se nell’ambito del quinquennio si mantengano o si torni in possesso di tutti i requisiti. È probabile che l’Agenzia voglia impedire lo “spezzatino” da parte del contribuente che, per motivi di convenienza, intenda avvalersi del regime in questione valutando di volta in volta il comportamento da tenere, entrando e uscendo dal regime di anno in anno.

Infine, relativamente a coloro che “escono”, in quanto non presentano i requisiti per poter accedere al nuovo regime dal 2012, si conferma il naturale passaggio al regime supersemplificato di cui al comma 3 dell’art. 27, non solo per coloro che hanno iniziato l’attività prima del 2008, ma anche per i soggetti che hanno iniziato successivamente al 31 dicembre 2007 e che non presentano i requisiti “aggiunti” di cui al comma 2 dell’art. 27 (fermi restando quelli dei “vecchi” minimi).

Con riferimento specifico agli artisti, nell’analisi della configurazione giuridica, bisogna distinguere tra aspetti fiscali, previdenziali ed amministrativi.

 1. Aspetti fiscali.

Come già detto, dal 1° gennaio 2012 fuoriescono dal regime dei minimi coloro i quali hanno iniziato l’attività prima del 31 dicembre 2007, oppure, pur avendo iniziato dopo, non hanno rispettato i vincoli, o ancora nel corso del 2011 hanno superano i limiti dimensionali previsti dalla legge 244/07. Dunque, chi ha iniziato l’attività dopo il 31/12/07, fuoriesci dal regime dei minimi.

L’ex minimo dovrà iniziare ad emettere regolare fattura rispettando tutti i requisisti richiesti dall’articolo 21 Decreto del Presidente della Repubblica 633/72, applicando quindi normale aliquota d’imposta a seconda dell’attività svolta (4%, 10%, 21%).

Il contribuente potrà optare per il regime supersemplificato, non tenendo le scritture contabili ma versando l’iva dovuta annualmente, oppure optare per la contabilità semplificata, provvedendo ad istituire i registri iva ed annotare le fatture entro i termini previsti (articolo 23,24,25 Decreto del Presidente della Repubblica 633/72).

I 500 mila presunti contribuenti che nel 2012 dovranno abbandonare il regime però, possono trovare qualche consolazione sul fronte iva, infatti si potrà detrarre l’iva sugli acquisti e recuperare l’imposta assolta sui beni strumentali acquistati nel regime dei minimi quando l’iva non fu detratta. In ossequio all’articolo 19 bis 2 del Decreto del Presidente della Repubblica 633/72, che dispone la rettifica sui beni ammortizzabili se non sono ancora trascorsi cinque anni dall’acquisto del bene, si ridetermina il costo di acquisto dei beni strumentali acquistati dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2011 scorporando l’iva allora non detratta e quindi portata a costo e si calcolano i quinti d’imposta che mancano al compimento del quinquennio; i quinti rimanenti, al compimento del quinquennio rappresentano l’iva a credito. La normativa che entrerà in vigore da quest’anno, presenta però alcuni punti che devono ancora essere chiariti: infatti la paura è che si possano manifestare situazioni paradossali che attenuano la penalizzazione data appunto dall’abbandono di tale regime: è il caso, per esempio, di imprenditori che passando dal regime dei minimi (per cassa) a quello semplificato (per competenza); questi potrebbero realizzare il presupposto impositivo sia in un periodo d’imposta sia nell’altro. Altro caso è quello in cui le perdite maturate nel periodo d’imposta in cui il contribuente è minimo, vengono riportate a nuovo per un quinquennio e quindi possono essere utilizzate in compensazione con redditi d’impresa o lavoro autonomo anche nel caso in cui il contribuente abbandoni il regime de minimi; si avranno quindi situazioni in cui il contribuente in contabilità semplificata riporta a nuovo perdite riguardanti il periodo d’imposta in cui era minimo. Il paradosso sta soprattutto nel fatto che se il mancato realizzo dei requisiti di permanenza nel regime dei minimi comporta la fuoriuscita solo nell’anno successivo (tranne l’ipotesi dell’incasso di più di 45.000,00 euro di fatturato) porta per esempio a pensare che un imprenditore, sapendo di dover uscire l’anno successivo perché non più idoneo, acquista un bene strumentale di elevato valore nel 2011 realizzando una perdita rilevante; si verrà a formare così una perdita che verrà riportata a nuovo nell’anno 2012 quando il contribuente applicherà il regime di contabilità semplificata. Il reddito prodotto nel 2012 verrà a sua volta abbattuto fino all’importo della perdita residua, mentre la quota non utilizzata della stessa perdita verrà riportata a nuovo e così fino ad esaurirla.

Per gli artisti, dunque, il regime naturale è considerato quello semplificato a prescindere dall’ammontare dei loro ricavi; sussiste comunque la possibilità di optare per il regime ordinario.

Il professionista in contabilità semplificata deve tenere:

  • i registri IVA;
  • il registro incassi e pagamenti.

Quest’ultimo registro deve essere tenuto per procedere alla determinazione del reddito: esso può essere omesso se sui registri IVA sono annotati, in apposite sezioni, le operazioni non soggette ad IVA rilevanti ai fini della determinazione del reddito; inoltre è necessario annotare, a fine esercizio, l’ammontare globale delle somme non incassate e di quelle non pagate.

I professionisti in contabilità ordinaria devono tenere, oltre ai registri IVA, anche il registro cronologico dei componenti di reddito e dei relativi movimenti finanziari. E’ importante notare che:

  • è opportuno che anche gli artisti nel regime dei minimi tengano i registri IVA, anche se non strettamente obbligatorio, soprattutto per monitorare lo “sfondamento” dei 30.000 € di fatturato;
  • gli artisti, anche nel regime dei minimi, non possono mai emettere la ricevuta o lo scontrino fiscale, essendo invece sempre obbligati ad emettere fattura. La semplificazione concernente l’emissione di scontrini o ricevute, riguarda solo chi opera in regime di reddito d’impresa.

 2. Aspetti previdenziali.

Circa gli aspetti previdenziali, gli artisti vanno iscritti alla gestione separata INPS: in questa gestione si versano i contributi previsti dalla legge di riforma del sistema pensionistico (legge 335 del 1995) dai lavoratori autonomi che esercitano un’attività professionale o di collaborazione per la quale non era prevista una forma assicurativa pensionistica. Il contributo confluisce in una gestione separata ed ha lo scopo principale di finanziare un fondo obbligatorio che garantisce una pensione (invalidità, vecchiaia e superstiti) calcolata con il sistema contributivo in presenza di un minimo di 5 anni di versamenti.

Circa la misura del contributo, nel 2008 erano previste due aliquote contributive per i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata:

-la prima, destinata a tutti coloro che non risultavano assicurati a forme pensionistiche obbligatorie, oltre alla gestione separata, che era pari al 24,72% (24% per invalidità, vecchiaia e superstiti, più l’aliquota aggiuntiva dello 0,72% per l’indennità di malattia, maternità e per gli assegni per il nucleo familiare);

-la seconda, del 17%, per tutti i rimanenti soggetti iscritti alla gestione separata, siano essi lavoratori già pensionati oppure già assicurati presso altre forme di previdenza obbligatorie.

A partire dal 1° gennaio 2012 sale di un punto percentuale il contributo che viene versato dai professionisti senza cassa: per questi si è passati al 27,72%; per gli iscritti a altre forme di previdenza obbligatoria e per i titolari di pensione l’aliquota contributiva passa invece dal 17% al 18%.

Il lavoratore può esercitare una rivalsa del 4% del compenso sul cliente. Il contributo alla Gestione separata va versato all’Inps con il modello F24. I professionisti pagano col meccanismo degli acconti e saldi negli stessi termini previsti per i versamenti relativi al modello unico.

Tale contribuzione è senza minimali.

 3. Altri aspetti amministrativi

Circa il punto in questione, bisogna verificare se gli artisti siano sottoposti alla normativa sul commercio e quali possano essere le conseguenze della mancata equiparazione.

Per rispondere alla prima domanda (equiparazione), è sufficiente citare testualmente il Dlgs 114/98 (riforma della disciplina del commercio): ”… Il presente decreto non si applica… a chi venda o esponga per la vendita le proprie opere d’arte, nonché quelle dell’ingegno a carattere creativo, comprese le proprie pubblicazioni di natura scientifica od informativa, realizzate anche mediante supporto informatico…”.

Questo implica, a mio giudizio, l’assimilabilità dello svolgimento dell’attività artistica a quella di qualsiasi altra professione (commercialista, avvocato, notaio ecc.): non è quindi necessaria né una preventiva autorizzazione comunale, né una specifica destinazione d’uso del locale in cui viene svolta l’attività (di fatto molte attività professionali ed artistiche vengono svolte presso abitazioni private); ciò non implica tuttavia che tali attività non possano essere aperte al pubblico, altrimenti verrebbe meno lo scopo per cui si produce (la vendita!).


Guido Ascheri

Ragioniere Commercialista e Chartered Accountant

www.ascheri.co.uk


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