L’abuso edilizio è il reato che si commette quando si esegue un qualsiasi lavoro senza essersi muniti preventivamente del corretto titolo abilitativo per eseguirlo. Ma anche nel caso in cui vengano svolti tutti i necessari adempimenti, si può incorrere nel caso di abusivismo edilizio.

Se si interviene su un fabbricato, la normativa prescrive che si debba ottenere il necessario permesso ad eseguire i lavori, corredato di elaborati progettuali e dettagli costruttivi. I lavori devono essere condotti in modo “conforme” a quanto autorizzato nel titolo abilitativo, la conclusione dei lavori consiste proprio nel verificare ed accertare la “conformità” dei lavori eseguiti a quanto previsto dal titolo.

Durante tutto questo iter possono “andare male” molte cose e configurarsi diversi tipi di abusivismo edilizio.

L’abusivismo edilizio, infatti, non si configura solo nel caso di costruzioni realizzate senza nessun permesso o in aree in cui è prescritta l’inedificabilità assoluta. La maggior parte dei casi registrati in Italia, infatti, riguarda proprio interventi per cosi dire minori (realizzazione di tettoie, verande, ampliamenti, modifiche all’interno degli appartamenti, realizzazioni di muri di confine, aperture di finestre e balconi, cambi di destinazioni d’uso come le modifiche di garage in tavernette o di sottotetti in mansarde, etc…)

La materia, in realtà alquanto complessa, è disciplinata a partire dal Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 380/2001) e può differire anche sensibilmente da comune a comune, in aree differenti dello stesso comune, in base ai regolamenti edilizi o alle disposizioni normative regionali.

Quando si eseguono dei lavori all’interno del proprio appartamento o del fabbricato o sul proprio terreno è previsto dalla normativa richiedere l’appropriato titolo abilitativo. Ad esempio, nella maggior parte dei comuni, il semplice rifacimento di un bagno prevede la presentazione di una Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata, così come la realizzazione di una comunissima veranda o il rifacimento dell’impianto elettrico. La realizzazione di un ampliamento (sopraelevazione, tettoia, ampliamento del volume edilizio esistente) costituisce realizzazione di nuovi volumi edilizi ed è prescritto l’ottenimento del permesso di costruire.

Dietro l’attuazione di tali “adempimenti” si nascondono spesso anche delle opportunità per il cittadino, come ad esempio la possibilità, concessa in alcuni comuni di Italia, di deroghe ai volumi edilizi assentibili a patto della realizzazione di piccoli impianti fotovoltaici.

Questo disposto normativo è dettato dal fatto che qualsiasi modifica, aggiornamento, adeguamento o ampliamento debba essere oggetto di analisi tecnica da parte del responsabile dei lavori (normalmente il committente dei lavori) e che egli dimostri il rispetto delle normative e delle prescrizioni tecniche sulle costruzioni le quali, oramai, sono diventate molto specialistiche e dettagliate.

Il rifacimento di un impianto elettrico, ad esempio, non sempre è sufficiente che sia eseguito da un installatore certificato, ma richiede tutta una serie di ulteriori indagini tecniche che devono essere documentate da tecnici abilitati (ingegneri e architetti) e attestate al comune, il quale svolge la funzione di organo controllore.

Occorre che il committente sia consapevole di questi adempimenti, e spesso accade che gli installatori o le ditte esecutrici non provvedono alla realizzazione delle pratiche necessarie all’ottenimento dei titoli abilitativi.

 

Chi è responsabile dell’abuso edilizio?

Il reato di abusivismo ha inizio con l'avvio dei lavori e procede fino alla sua cessazione.

Le conseguenze del reato di abusivismo (art. 44 del D.P.R. 380/2001) vanno dall’ammenda pecuniaria di 10.000 € (per inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire) fino all’arresto fino a due anni e ammende fino a 15.000 € per abusivismi più pesanti (esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione e lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale)

I soggetti agenti di tale reato sono: il titolare del permesso di costruire (responsabile dei lavori), il committente, il costruttore, nonché secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. sentenza 11093/2010), colui che abbia contribuito con la sua condotta alla realizzazione dell''opera abusiva.

Infatti, ai sensi dell’art. 29 comma 1 del Dpr 380/2001: “Il titolare del permesso di costruire, il committente e il costruttore sono responsabili, ai fini e per gli effetti delle norme contenute nel presente capo, della conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano nonché, unitamente al direttore dei lavori, a quelle del permesso e alle modalità esecutive stabilite dal medesimo. Essi sono, altresì, tenuti al pagamento delle sanzioni pecuniarie e solidalmente alle spese per l’esecuzione in danno, in caso di demolizione delle opere abusivamente realizzate, salvo che dimostrino di non essere responsabili dell’abuso”.

L’art. 2 della citata legge prevede la responsabilità del direttore dei lavori, il quale non è responsabile se ha contestato agli altri soggetti ed al competente ufficio comunale la violazione del permesso di costruire: nel caso di totale difformità o di variazione essenziale del permesso di costruire il direttore dei lavori deve obbligatoriamente rinunciare all’incarico,

Sul punto, in particolare, la giurisprudenza della Suprema corte è orientata nel ritenere che il direttore dei lavori non risponde degli illeciti edilizi solo se presenta denuncia di detti illeciti ai competenti uffici dell’Amministrazione comunale e se rinuncia all’incarico osservando per entrambi gli adempimenti l’obbligo della forma scritta. (CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. 3, SENTENZA N. 46477 DEL 2017, DEP. IL 10/10/2017).

Spesso l’abusivismo edilizio viene accertato molto tempo dopo l’effettiva esecuzione dei lavori e a rispondere del reato rimane solo il proprietario dell’immobile. Per questa ragione è molto importante, prima di procedere a qualsivoglia intervento edilizio, accertarsi dei disposti normativi e dei titoli autorizzativi necessari alla loro esecuzione attraverso la consulenza di tecnici professionisti abilitati (ingegneri e architetti) indipendenti dalle imprese i quali verificheranno, in base ai lavori in programma, quali siano i corretti titoli abilitativi da produrre.

Il primo e vero soggetto cui non conviene mai ritrovarsi in una situazione di abusivismo edilizio è il proprietario dell’immobile poiché vedrà “contaminato” il proprio bene da una mancanza di conformità tra la documentazione approvata e depositata al comune e begli uffici preposti rispetto allo stato di fatto in cui si trova l’immobile.

Moltissimi sono gli immobili che, ad esempio, non possono aderire al “piano casa”, e ai vantaggi anche edilizi che ne derivano, proprio per qualche forma di abusivismo, oltre al fatto che la vendita di un immobile abusivo, anche parzialmente, ne diminuisce fortemente il valore commerciale, in quanto il nuovo proprietario “erediterà” l’abuso ed il conseguente rischio di demolizione.

A causa del continuo succedersi e accavallarsi di nuove normative, procedure di semplificazione, modifiche delle discipline autorizzative, con gli anni stanno occorrendo anche casi di titoli abilitativi molto antichi che non vengono sempre ”letti” in modo corretto dalla pubblica amministrazione e dai consulenti bancari, cosìcchè è sempre importante conservare una documentazione amministrativa relativa ai propri immobili quanto più chiara, inequivocabile e leggibile. Mentre i lavori sono destinati a deteriorarsi per il passaggio degli anni e l’uso delle cose, le autorizzazioni edilizie, contrariamente a quanto spesso accade, sanciscono diritti reali acquisiti e prescrizioni correttamente ottemperate e sono documentazioni molto importanti da realizzare con la massima cura e conservare nel migliore dei modi.

 

Il controllo degli uffici comunali

Il Comune è obbligato ad intervenire in caso di fenomeni di abusivismo mediante l’esercizio di un potere-dovere del tutto privo di margini di discrezionalità ( si cfr. T.A.R. Campania, Sez. III, Sent. n. 664 del 2018). Il T.U. ( art 27, comma 2, del D.P.R. 380/2001) prevede che “ il dirigente o il responsabile, quando accerti l’inizio o l’esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi.”

C’è da dire che ormai la giurisprudenza di legittimità è orientata nell’escludere la responsabilità del dirigente o responsabile dell’ufficio urbanistica del Comune che abbia concesso eventuali titoli abilitativi non conformi alle normative o che non abbia eseguito i dovuti controlli di conformità per il reato edilizio di cui all’art. 44, comma primo, lett. b), DPR 380/2001 se mancano le prove di «un concorso consapevole, o quantomeno colposo, nella condotta» o, comunque, «una responsabilità omissiva nella realizzazione di opere illegittime» (si veda Cassazione pen., Sent. n. 5439/2017).

D’altra parte la legge individua nel responsabile dei lavori (il committente) e nel direttore dei lavori e nell’impresa i soggetti che si assumono la responsabilità amministrativa e legale della conformità dell’opera alle norme. La tendenza, oramai consolidata, è che il Comune e i propri funzionari svolgano solo una funzione di controllo amministrativo.

 

La procedura prevista in caso di abusivismo edilizio

La procedura prevista in caso di denuncia di abusivismi edilizi prevede un preliminare sopralluogo da parte dei tecnici comunali o agenti di polizia municipale i quali redigono verbale di sopralluogo nel quale si accertano materialmente degli abusi edilizi.

Tale verbale fa fede fino a querela di falso dei fatti accertati (Cons. Stato, sez. V, 3.11.2010, n. 7770, Cons. Stato, sez. I, 08.01 2010, n. 250).

L’art. 27 del Dpr 380/2001 comma 3 stabilisce che, qualora sia constatata, dai competenti uffici comunali d’ufficio o su denuncia dei cittadini, l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità di cui al comma 1 del predetto articolo, il dirigente o il responsabile dell’ufficio ordina l’immediata sospensione dei lavori, che ha effetto fino all’adozione dei provvedimenti definitivi di cui ai successivi articoli, da adottare e notificare entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori.

Successivamente, acquisito eventualmente il parere della Commissione edilizia, si compie un’attività istruttoria, al termine della quale viene emesso il provvedimento conclusivo che può consistere nell’ordine di demolizione o nell’irrogazione di una sanzione pecuniaria.

 

La Sanatoria e le sanzioni amministrative

Il Testo Unico dell’edilizia (D.P.R. 380/2001) prevede che, se l’intervento edilizio abusivo è sanabile, possa essere presentata richiesta di sanatoriaa condizione che l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione del manufatto sia alla data di presentazione della domanda.

La pratica di sanatoria è un istituto previsto dalla normativa che si basa sul presupposto che si può “correggere” la lacuna amministrativa in mancanza o non conformità del titolo abilitativo a patto che l’intervento fosse lecito sia al tempo in cui è stato realizzato sia al tempo in cui è rilevato l’abuso.

Giova sottolineare che il procedimento di sanatoria è avviabile, sia in conseguenza di un accertamento di abusivismo edilizio sia in via preventiva, da parte dello stesso cittadino che può “autodenunciarsi”. Il vantaggio, non trascurabile, consiste nel fatto che un intervento si può sanare solo a patto che sia autorizzabile viste le normative in atto. Pertanto, può risultare molto conveniente intervenire chiedendo una sanatoria in autodenuncia per anticipare, ad esempio, un cambio di piano regolatore, o sfruttando una legge appena emessa.

Non sono pochi, infatti, i casi di abusi edilizi, per lo più minori, che sono stati sanabili secondo il vecchio strumento urbanistico fino a quando non è stato approvato un nuovo strumento urbanistico, a seguito della cui adozione, risultavano non più leciti. In queste circostanze il cittadino corre il rischio di perdere l’opportunità di recuperare l’abuso e, in caso di denuncia o, ad esempio, di vendita dell’immobile, sarà costretto ha subire inesorabilmente le conseguenze dell’abuso senza potervi opporre in alcun modo rimedio.

Ovviamente la sanatoria dell’intervento è subordinata al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, nonché delle sanzioni previste per legge caso per caso.

Nel caso in cui la sanatoria non possa essere concessa (scadenza dei termini di richiesta, incompatibilità dell’abuso commesso coi vigenti strumenti urbanistici o normative tecniche, etc…), il Testo Unico prevede le seguenti sanzioni amministrative:

  1. demolizione della costruzione irregolare e messa in ripristino dello stato dei luoghi;
  2. acquisizione al patrimonio comunale in caso di mancata demolizione, in alternativa alla demolizione, pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria adeguata all’entità dell’abuso o all’incremento del valore venale del bene;
  3. per la mancata segnalazione certificata di inizio attività o difformità alla segnalazione, la sanzione pecuniaria è pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile derivato alla realizzazione degli interventi e comunque in misura non inferiore a euro 516 (art. 37, comma 1 Dpr 380/2001).

Secondo l’art. 45 del Dpr 380/2001, in pendenza di domanda in sanatoria non possono essere irrogate sanzioni penali: bisogna infatti attendere la fine dell’iter amministrativo di cui all’art. 36 Dpr 380/2001.

Inoltre, è bene evidenziare che il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, comporta l’estinzione dei reati contravvenzionali stabiliti dalle norme urbanistiche, ma non di quelli previsti dalla normativa antisismica e sulle opere di conglomerato cementizio (Cass., Sez. 3, Sent. n. 38953 del 2017), per cui sarà necessario provvedere all’acquisizione di tutti i pareri relativi e provvedere, se ne è il caso, con interventi di adeguamento strutturale conformemente alle vigenti normative antisismiche.

 

Le Sanzioni Penali

Le sanzioni penali sono previste dall’art. 44 del Dpr n. 380/2001, ed in particolare sono previste tre ipotesi di illecito, salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative.

  1. l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal titolo IV del Dpr 380/2001 , in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire. La sanzione prevista in questo caso è esclusivamente pecuniaria e consiste nell’ammenda fino a 10.329 euro.
  2. l’esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza di permesso di costruire o di prosecuzione dei lavori nonostante vi sia una ordinanza di sospensione. Essa prevede l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 5.164 euro a 51.645 euro”. In tale ipotesi rientra anche la realizzazione di interventi non eseguiti in difformità “totale” o in variazione essenziale rispetto al titolo abilitativo nel caso ricorrano violazione delle norme urbanistiche (si cfr. Cass., Sez. 3, Sent. n. 46475 del 2017).
  3. lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio. Per questo caso è previsto l’arresto sino a due anni e l’ammenda da 15.493 euro a 51.645 euro. Alla stessa pena soggiace anche chi compie interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.

 

Le conseguenze

In caso di condanna, qualora non sia stata già eseguita, il giudice deve ordinare la demolizione delle opere abusive realizzate in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali.

Lo stesso giudice può anche subordinare la sospensione condizionale della pena inflitta alla demolizione delle opere eseguite, avendo tale ordine, alla stregua di quanto previsto dall’articolo 165 del codice penale, la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato (Cass., Sez. 7, Ordinanza n. 11236 del 2018).

Relativamente all’ordine di demolizione, ci preme chiarire che esso ha natura giuridica di sanzione amministrativa ma anche finalità ripristinatoria, nel senso che è indirizzato ad assicurare la ricomposizione dell’originario assetto del territorio: rimane esclusa qualsiasi finalità punitiva, nel senso che la demolizione non costituisce una pena nel senso indicato dalla giurisprudenza della Corte e.d.u.

L’eliminazione dell’opera abusiva, attraverso la sua demolizione o la rimessa in pristino dello stato dei luoghi determina la cessazione della permanenza dell’illecito penale tanto che è ammissibile l’applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131 bis c.p., introdotto dal d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28 (si cfr. Corte di Cassazione, sez. III Penale, Sentenza 8/10 – 22/12 – 2015, n. 50215).

 

Conclusioni

Esistono numerosissime fattispecie e casi di abusivismo edilizio e spesso le persone eseguono lavori senza munirsi di alcun permesso, oppure si muniscono del corretto titolo abilitativo ma eseguono lavori “diversi” in alcuni elementi sostanziali (ad esempio realizzazione di volumetrie maggiori, lavorazioni aggiuntive non autorizzate, etc…) considerandoli “minori” o irrilevanti, ma di fatto commettendo un reato di abusivismo edilizio.

Può accadere che nuove norme e disposizioni intervengano negli anni determinando una situazione di abusivismo che precedentemente non era tale. È il caso delle verande, le quali venivano realizzate liberamente, ma che a seguito di successive normative emanate negli ultimi 10 anni sono diventate per lo più abusive e dovrebbero essere sanate o in alcuni casi demolite.

Alla proprietà conviene sempre evitare l’abusivismo perché gli effetti ed i danni sono molto maggiori dei costi necessari per evitarlo. Infatti, anche se nell’immediato può sembrare semplice o economico non provvedere all’ottenimento dei titoli abilitativi, tuttavia alla fine non conviene. Al momento della vendita dell’immobile, di un eventuale intervento di suddivisione del bene o di affitto occorre procedere a fornire la documentazione attestante la “conformità” dell’immobile o del bene alle norme edilizie e tecniche.

Conviene sempre, dunque, cercare di controllare e verificare la consistenza e conformità amministrativa dei propri beni giacché accade che, quando si presenta la necessità di avere un immobile “sano”, in molti scoprono di aver commesso un abuso spesso addirittura impossibile da sanare.

 

Giuseppe Freni

Avvocato in Messina

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