Un tempo si diceva che la goccia scava la pietra, ma ormai sull’obbligatorietà del diritto al contraddittorio e sugli effetti nefasti della sua mancanza siamo oltre la goccia, siamo a un vero scroscio perpetuo di sentenze che non danno tregua ed adito ad alcuna diversa interpretazione.

Il caso esaminato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia con la Sentenza n° 460.02.14 emessa il 23/10/2014 e depositata 24/10/2014 in esame verte oltre che su un accertamento da redditometro, anch’esso peraltro spazzato via, sul tema ormai noto dell’effettività del contraddittorio anche per quegli accertamenti c.d. a tavolino, che non deve esser solo formale ma effettivo e garantito.

Non sempre si ha la fortuna di imbattersi in Sentenze precise puntuali e che rappresentano una sorta di focus sullo stato dell’arte delle posizioni acquisite in relzione a una data problematica. Il giudice di Reggio Emilia, ci permette con questa Sentenza di fare un rassemblement del tema confermando ciò che da sempre i difensori tributari vanno urlando nel deserto dei contraddittori, ovvero che le garanzie sono garanzie a prescindere dal locus ove avviene la verifica. Se ciò non fosse tutti i contribuenti avrebbero diritto a verifiche presso la sede se non altro per aver lo stesso trattamento di garanzia. Cosa ovvia, ma ovvia a quanto sembra non lo è ancora in chi ahimè deve applicare norme non da lui legiferate. In un momento dove la parola d’ordine è fare tutti uno sforzo collettivo per risollevare questo Paese, non ci si può più accontentare che un Funzionario dell’Agenzia delle Entrate ci fornisca la frase consolatoria “non è colpa nostra applichiamo le leggi…”. E’ dovere in uno stato civile che il Funzionario che dello Stato non è ingranaggio avulso e indipendente ma parte integrante e fondamentale porti le istanze del contribuente a chi deve dare input alla politica perché qualcosa cambi

Nelle more di questa utopia, solo la Giustizia resta per colmare quel gap tra la realtà e le norme che affannosamente la rincorrono in una gara ove solo Sentenze come queste riequilibrano e ristabiliscono quel pactum fiduciae tra cittadino ed istituzioni.

Il caso nasce da una verifica fiscale intrapresa dall’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Reggio Emilia, che è partita dall’analisi dei dati reperiti dall’A.T., al fine di individuare l’ eventuale possesso da parte del contribuente di elementi indicativi di capacità contributiva.

I fatti sono i seguenti:

L’agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Reggio Emilia era partita dall’analisi dei dati reperiti dall’A.T., al fine di individuare l’ eventuale possesso da parte del contribuente di elementi indicativi di capacità contributiva. Venivano rinvenuti una abitazione principale tre moto e due autoveicoli.Sulla scorta di questi elementi e dalle risultanze dei due contraddittori svoltisi rispettivamente il 16/09/2013 e il 10/10/2013, l’Ufficio emetteva ai sensi dell’art. 38, IV comma del DPR 600/1973 l’avviso THS010101734/2013, notificato in data 21 ottobre 2013, determinando sinteticamente un reddito complessivo, pari ad € 46.796,47 per l’anno 2008. In data 18 dicembre 2013 notificava istanza di reclamo Il procedimento scaturito dall’istanza di cui sopra si concludeva con un provvedimento di diniego. Il contribuente si costituiva quindi in giudizio eccependo tra i vari motivi la nullità dell’accertamento per omessa redazione, sottoscrizione e consegna al contribuente del processo verbale di constatazione nonchè la nullità dell’accertamento per violazione dell’art. 12, ultimo comma, della legge 27 luglio 2000, n. 212;

Trattasi quindi del c.d. accertamento a tavolino:

Il Giudice di prime cure riafferma che l’art. 24, L. 7 gennaio 1929, n. 4 è composto di un unico comma e recita: “Le violazioni delle norme contenute nelle leggi ,finanziarie sono constatate mediante processo verbale.”. Tale diposizione è tuttora in vigore, atteso lo specifico richiamo operato dall’art. 70, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. L’art. 33, co. 1, D.P.R. 600/1973 dispone che “per l’esecuzione  di accessi, ispezioni e verifiche si applicano le disposizioni dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633.”. Il comma 6 di tale disposizione  prevede  testualmente:  “Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto  dal contribuente  o da chi lo rappresenta ovvero indicare il motivo della mancata sottoscrizione. Il contribuente ha diritto di averne copia”. L’art. 12 dello Statuto del contribuente  avente come rubrica: “Diritti e garanzie del contribuente sottoposto  a verifiche fiscali”,  al comma 4 recita: “Delle osservazioni  e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente  lo assista, deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica”. Lo stesso articolo al comma 7 stabilisce: “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione  e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni  e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata  urgenza. Per gli accertamenti  e le verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui ali’ articolo 34 del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale approvato  con del DPR 23.1.1973  n. 43 si applicano le disposizioni dell’articolo 11  del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374”. Orbene, il quesito a cui dare risposta è se l’obbligo di redazione del processo verbale di chiusura delle operazioni sussista per ogni accesso, ispezione o verifica, qualsiasi sia il luogo di esecuzione, ovvero se sussista solo qualora il luogo di esecuzione sia la sede ove il contribuente esercita la propria attività. Ed in caso di violazione di tale obbligo quali siano gli effetti sul susseguente avviso di accertamento. Secondo l’Ufficio tale obbligo è insussistente in quanto tali garanzie sarebbero applicabili solo in caso di accessi ispezioni e verifiche presso la sede del contribuente e non quando il controllo avvenga presso l’Ufficio. Inoltre non esistendo una espressa previsione della sanzione di nullità per nessuna delle norme che si asseriscono essere violate (art. 24, L. 4/1929)

Secondo il Giudice l’interpretazione letterale di cui all’art. 12 dello Statuto, non appare dirimente nell’attribuire fondatezza alla tesi dell’Amministrazione, la quale, anzi, appare decisamente debole sul piano della interpretazione sistematica e dei principi di diritto statuiti dalla giurisprudenza comunitaria.

Infatti la rubrica dell’art. 12 – “Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali” – innanzi tutto, non appare Iimitare la previsione dei diritti e delle garanzie alle sole verifiche condotte presso la sede del contribuente. L’art. 12 prevede, in effetti, disposizioni  che tutelano chi subisce un accesso presso la propria sede, quali quelle sulla sussistenza di effettive esigenze di indagine sul luogo, sulle modalità di esercizio e sulla durata della verifica, ma sussistono altre disposizioni all’interno del citato articolo che sembrano escludere che tutte le norme ivi contenute debbano necessariamente  limitarsi alle verifiche effettuate  presso la sede del contribuente. L’incipit del comma 7, ad esempio, depone in tal senso: “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente,  dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi  di controllo,  il  contribuente può comunicare  entro  sessanta giorni osservazioni  e richieste …..  Orbene, non si comprende perché il rispetto di tale principio debba sussistere solo in caso di verifica “esterna” ed invece essere frustrato in caso di verifica “interna” presso i locali dell’ufficio. Nel medesimo senso appare deporre il comma 6 allorquando  concede al contribuente, qualora ritenga che i verificatori agiscano con modalità non conformi alla legge, la facoltà di rivolgersi al Garante del contribuente. Infatti, non si vede perché tale diritto dovrebbe essere riconosciuto allorquando il contribuente,subendo la verifica presso la propria sede, ha frequenti possibilità di contraddire  con i verificatori in relazione alle risultanze istruttorie in via di formazione, mentre tale diritto dovrebbe essergli precluso quando i verificatori svolgono il proprio ufficio presso i locali dell’Agenzia delle entrate, ove la presenza  del contribuente e quindi la possibilità di contraddire è meramente eventuale. In altre parole, secondo la tesi dell’Amministrazione, il contribuente verificato presso la propria sede ha il diritto di conoscere le risultanze istruttorie prima  dell’emissione  dell’avviso  di accertamento,  nonché  quello  di formulare  osservazione  e richieste  difensive.  Invece il  contribuente verificato presso la sede dell’ufficio non ha alcun diritto di conoscere le risultanze istruttorie prima della emissione dell’avviso di accertamento. Non v’è chi non veda la conseguenza di tale tesi: il contribuente verificato presso la sede dell’ufficio,  non conoscendo le risultanze  istruttorie, subisce la frustrazione del diritto di formulare osservazione e richieste difensive prima della emissione dell’avviso di accertamento ed è costretto ad adire la via giudiziale per il compimento di qualsiasi attività difensiva. L’interesse tutelato dall’art. 12 in esame, evidentemente, è il diritto del contribuente di ricevere un provvedimento impositivo giusto emesso in esito  ad  un  contraddittorio    procedimentale,    qualunque  sia  la metodologia di verifica adottata dall’ufficio.

L’Amministrazione finanziaria, nei propri atti di costituzione in giudizio, allega l’insussistenza di un obbligo espresso di redazione del Pvc ove l’attività di controllo sia svolta presso l’Ufficio. Tale allegazione secondo la CTP appare debole anche sul piano dell’argomento letterale di cui all’art. 24, L. 4/1929. L’art. 24, L. 4/1929 in quanto la stessa dispone che “Le violazioni  delle norme  contenute nelle leggi finanziarie sono constatate  mediante  processo verbale.”.  Come si può facilmente notare, il precetto della norma testé citata non prevede affatto limitazione alcuna alle verifiche “esterne”.

E’ altresì il caso di evidenziare che sia l’art. 33, D.P.R. 600/1973, sia l’art. 52, D.P.R. 633/1972 e sia, infine, l’art. 12 dello Statuto, evidenziano che il contraddittorio tra le parti deve instaurarsi sin dall’inizio della fase istruttoria. La ratio delle disposizioni affonda chiaramente le proprie radici nella rigorosa disciplina a cui è soggetta l’esercizio di un’attività di controllo, la quale è finalizzata ad incidere lesivamente nel patrimonio del contribuente, disciplina che non può non imporre una descrizione, anche sommaria, degli atti quotidianamente compiuti, nonché una descrizione, compiuta in questo caso, degli esiti conclusivi della verifica. Detta descrizione del compimento dell’attività, alla quale ha facoltà di partecipare il contribuente sin dalle prime fasi, è finalizzata a concedere a quest’ultimo, la facoltà di  interloquire  con l’Agenzia  delle entrate nell’attività accertativa onde contro-dedurre  in relazione alle determinazioni a cui giunge l’Ufficio. Il contribuente, indipendentemente  dalle modalità di espletamento della verifica a cui è sottoposto, è sempre interessato a conoscere il contenuto delle contestazioni sia nell’an sia nel quantum, per mezzo del verbale di constatazione ancor prima della notifica dell’avviso di accertamento, posto che tale atto origina diritti ed interessi ritenuti meritevoli di tutela da  parte  dell’ordinamento.  Tale  interesse  non  può  essere  negato eccependo che il verbale di constatazione non può essere impugnato in via autonoma in attuazione del principio della tutela differita. Il diritto del  contribuente  a  conoscere  tutti  gli  eventi  idonei  ad  incidere negativamente sulla sua sfera giuridica è dimostrato dal tenore dell’art. 6 dello Statuto. Tale norma, al comma 2 primo periodo, dispone: “L’amministrazione deve informare il contribuente di ogni fatto o circostanza  a sua conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento  di un credito ovvero l’irrogazione di una sanzione( … )”.

La tesi dell’Amministrazione finanziaria fondata sull’inesistenza di una espressa previsione del diritto del contribuente di interloquire prima dell’emissione dell’avviso di accertamento appare, inoltre, scarsamente convincente sotto il profilo dell’interpretazione sistematica.

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ha riconosciuto l’obbligo di contraddittorio procedimentale nella procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore che, come noto, sono attività di controllo esperite nei locali dell’Ufficio e ciò, anche in assenza di una specifica previsione legislativa in proposito. Anche la tesi dell’asserita  inesistenza di una espressa previsione della di nullità per la violazione delle nonne che si asseriscono essere violate (art. 24 L. 4/1929; art. 12, co. 7, L. 212/2000; art. 33, co. 1, D.P.R. 600/1973; art. 52, D.P.R. 633/1972), appare non convincente.

Infatti, la mancanza  dì una specifica previsione  di nullità  dell’atto tributario non impedisce affatto di pervenire in via interpretativa, per mezzo dell’utilizzo della categoria dogmatica delle nullità virtuali, ad individuare nell’ordinamento giuridico tributario un vizio di invalidità dell’atto impositivo per contrasto con una norma imperativa, qual è l’art. 12, co. 7, L. 212/2000, attuativa sia di un principio generale comunitario inderogabile, sia dei principi costituzionali indicati negli artt. 3,53 e 97 Costituzione. A tal proposito soccorre la lettura delle sentenza 29 luglio 2013, n. 18184 della Corte Suprema a SSUU  in materia  di nullità dell’avviso di accertamento ante tempus.

La CTP fa anche un excursus sui principi di diritto della Corte di Giustizia UE ribadendo che il diritto del contribuente ad essere sentito prima dell’emissione dell’atto impositivo è altresì statuito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella nota sentenza Sez. Il, 18 dicembre 2008, n. 349/07. In tale pronuncia la Corte ha chiarito che: “I diritti fondamentali sono parte integrante dei principi giuridici generali dei quali la Corte garantisce l’osservanza.  A tal fine,  quest’ultima  si ispira alle tradizioni  costituzionali comuni agli Stati membri  oltre  che  alle  indicazioni fornite dai trattati internazionali  relativi alla tutela dei diritti dell’uomo a cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito” (vedasi, ex multis, anche sent. UE 6 marzo 2001, causa C-274/99 punto 37).

Orbene, il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio generale del diritto comunitario  che  trova  applicazione  ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo.

In altre parole, non solo il destinatario di un atto lesivo deve poter effettuare osservazioni prima che la decisione sia adottata, ma il Giudice nazionale deve altresì accertare:

  1. che il termine concesso abbia consentito al soggetto di essere utilmente ascoltato dall’Autorità;
  2. se, in considerazione del periodo intercorso tra il momento in cui l’Amministrazione ha ricevuto le osservazioni del soggetto e la data in cui ha adottato la decisione, sia possibile o meno ritenere che essa abbia tenuto debitamente conto delle osservazioni ricevute.

I principi suddetti sono stati riaffermati dalla recentissima sentenza di eccezionale  importanza  emessa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in data 3 luglio 2014 nelle cause riunite c-129/13 e c-130/13. La Corte si è espressa in tema di diritto al contraddittorio nell’ambito dei procedimenti  amministrativi,  di dovere  delle amministrazioni e dei giudici nazionali e delle conseguenze derivanti dalla violazione di tale diritto.

La Corte perviene ad una soluzione molto equilibrata nell’affermazione dei diritti fondamentali ed afferma cinque fondamentali principi:

  • la  previsione  del    diritto  al  contraddittorio  m  qualsiasi procedimento  garantisce il rispetto dei diritti della difesa, nonché il diritto ad un processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale. Tale  diritto,  anche  se  non  espressamente  previsto,  deve  essere riconosciuto in tutte le materie in cui si applica il diritto comunitario;
  •      l’obbligo delle amministrazioni nazionali di rispettare tale diritto di difesa ed il correlativo diritto degli interessati di invocare direttamente il rispetto di tali diritti dinanzi al giudice nazionale;
  • i diritti fondamentali, quali i diritti della difesa, possono soggiacere a restrizioni  a condizione  che queste  rispondano  effettivamente  a obiettivi di interesse generale e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti garantiti;
  • in caso di violazione del diritto dell’interessato di essere sentito prima dell’emissione del provvedimento, la possibilità di un’audizione successiva nell’ambito  di un ricorso può, in determinate  condizioni, garantire ugualmente il diritto di difesa e tale condizioni vanno ravvisate nella idoneità del ricorso proposto a sospendere l’esecutività del provvedimento lesivo;
  • il  quinto  principio  riguarda  le  conseguenze  derivanti  dalla violazione dei diritti della difesa ed in particolare del diritto si essere sentiti prima dell’emissione del provvedimento.

La Corte chiarisce che la violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa comporta l’annullamento  della decisione di cui trattasi soltanto quando, senza tale violazione, il procedimento avrebbe potuto condurre ad un risultato differente.

Si  badi, la possibilità che la decisione potesse essere diversa  è da considerarsi solo in astratto, senza cioè necessità del singolo di dover dimostrare  che, se fosse stato preventivamente sentito avrebbe già provato la fondatezza delle proprie tesi difensive.

Sul punto la Corte perviene ad una soluzione assolutamente apprezzabile per il contemperamento tra rispetto del diritto di difesa del singolo ed esigenza di evitare eccezioni pretestuose. Infatti, appare pretestuosa l’eccezione  di  violazione  del  diritto  di  essere  previamente  sentiti nell’ipotesi in cui non si abbia la possibilità di introdurre alcun elemento idoneo in  astratto ad orientare diversamente la decisione dell’Amministrazione.

Il Giudice di Reggio Emilia passa poi a dare conto dell’orientamento della giurisprudenza di merito Il medesimo Giudice con la sentenza 25 ottobre 2013, n. 154/2/13, in materia di redditometro, ha stabilito che l’assenza del Pv di chiusura delle indagini comporta inesistenza di un termine iniziale perla decorrenza  dei 60 giorni e, di conseguenza, l’art. 12, comma 7, risulta inapplicabile: gli accertamenti opposti sono inoltre affetti da ulteriore nullità in quanto è tuttora in vigore, anche  se molto  datata, una norma considerata uno dei principali architravi  dell’intera normativa  finanziaria  della Repubblica  italiana,  ossia la legge n. 4 del 1929. All’interno  della predetta legge, l’art. 24 (mai abrogato) recita:  “Le  violazioni delle norme  contenute  nelle  leggi finanziarie sono constatate mediante processo verbale.” Agli atti non c’è traccia di alcun processo verbale.    In  mancanza    del  predetto processo verbale,  l’accertamento    è insanabilmente  nullo. I 60 giorni della notifica decorrono dalla firma del più volte citato processo verbale per cui la nullità,  da qualsiasi  parte, la cosa, la si voglia giudicare, è assoluta, per quanto riguarda l’iter, la forma ed i termini di notifica.

Anche la Ctp di Ascoli Piceno si è pronunciata in materia con la sentenza 18 novembre 2013, n. 302, affermando quanto segue: “La Commissione ritiene priva di fondamento la distinzione  che vuole operare l’Ufficio  tra “attività esterna” ed “attività interna”.

Nello stesso solco si è posta la Ctr della Sardegna, con la sentenza n. 27/1/2012 ha affermato il diritto del contribuente  di presentare eventuali memorie entro i 60 giorni successivi alla chiusura di tutti i tipi di verifiche  e, se non esiste una particolare  e motivata urgenza, l’avviso notificato  in anticipo  è nullo.

In senso conforme: Ctp di Milano sentenza 18 novembre 2008, n. 303; Ctr della Toscana, con la sentenza 23 ottobre 2009, n. 68 e con la sentenza 26 settembre 2012, n. 117/8/12; Comm. Trib. di 1 ° grado di Trento, con la sentenza n. 1/1/2013; Ctr Lombardia, sez. XXXVIII,23 febbraio 2011, n. 38; Ctr Piemonte, sez. XIV, 9 febbraio 2011, n. 9; Ctr Lazio, sez. IV, 27 gennaio 2011,  n. 40;  Ctp Bari, sez. II, 12 gennaio 2011,  n. 20; Ctr Lombardia, sez. XXII, 16 dicembre 2010, n. 150; Ctp Reggio Emilia, sez. 1,18 ottobre 2010, n. 173; Ctp Brescia, sez. VII, 1 ° marzo 2010, n. 535; Ctr Sicilia, sez.XIV, 18 gennaio 2010, n. 16; Ctr Liguria, sez. XII, 18 gennaio 2010, n. 10; Ctr Toscana, sez. XXIX, 22 settembre 2009, n. 96; Ctr Friuli- Venezia Giulia,  sez. 1,13 luglio 2009, n. 58; Ctp Mantova, sez. 1,19 febbraio 2009, n. 15.1

La CTP dà ulteriormente conto dell’orientamento della Cassazione la quale (ex multis), con la recentissima ordinanza 2 luglio 2014, n. 15010, la Corte perviene alla conclusione che il termine di cui al c. 7 dell’art. 12, decorra da qualsiasi verbale, anche se non formalmente  denominato  “Pvc”. Secondo il Giudice di legittimità, l’impiego di una locuzione generica come verbale di chiusura  delle operazioni,  contenuta nel comma 7 dell’art. 12, comprenderebbe tutte le possibili tipologie di verbali che concludano le operazioni di accesso, verifica a tavolino o ispezione nei locali, indipendentemente dal loro contenuto.2 Pertanto anche la verifica eseguita e radicatasi nel redditometro  di cui al presente contenzioso doveva essere seguita da verbale di chiusura operazioni.

Pietra angolare di tutto quanto sopra la plinta la Cass. SS.UU. 18.9.2014 n. 19667 che chiaramente evidenzia che dall’omessa comunicazione deriva la nullità della consequenziale cartella

E ciò in attuazione di un principio immanente nell’ordinamento e relativo alla garanzia connessa alla previsione della comunicazione quale momento di instaurazione del contraddittorio anteriore all’iscrizione a ruolo: condividendo le conclusioni raggiunte dalle Sezioni Unite nella ricordata sentenza n. 18184 del 2013, la Sezione Tributaria afferma che «la “sanzione” della invalidità dell’atto conclusivo del procedimento, pur non espressamente prevista, deriva ineludibilmente dal sistema ordinamentale, comunitario e nazionale, nella quale la norma opera e, in particolare, dal rilievo che il vizio del procedimento si traduce, nella specie, in una divergenza dal modello normativo … di particolare gravità, in considerazione della rilevanza della funzione, di diretta derivazione da principi costituzionali, cui la norma stessa assolve … e della forza impediente, rispetto al pieno svolgimento di tale funzione, che assume il fatto viziante».

Tornando alla Sentenza della CTP di Reggio Emilia, il Giudice, alla luce di tutto quanto sopra, decide che la mancata valutazione, da parte dell’amministrazione finanziaria, delle memorie del contribuente relative al PVC (che nel caso, persino, manca) determina la nullità dell’atto impositivo, motivando ciò dal fatto che l’ufficio finanziario, in base all’articolo 12, comma 7, dello Statuto ha l’obbligo di indicare, nell’ambito delle motivazioni dell’atto di accertamento, se e in quale misura le osservazioni e le richieste del contribuente hanno avuto effetti sulla decisione adottata o le ragioni perche chiuda le operazioni  di accesso, verifica o ispezione significa, appunto, determinare  le condizioni affinché l’amministrazione  possa valutare il proprio interesse non soltanto alla luce degli elementi raccolti, ma anche in base alle osservazioni  su di essi rese dal contribuente le quali le stesse sono risultate irrilevanti agli stessi fini. La norma citata è finalizzata alla tutela dei diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifica fiscale e, al contempo, obbliga gli uffici ad un riesame critico del processo verbale, alla luce delle osservazioni, integrazioni ed eccezioni fornite dal contribuente. La mancanza di una adeguata valutazione circa le osservazioni determina – anche in assenza di una espressa previsione di legge –  la illegittimità dell’atto  impositivo,  sotto il profilo della compiutezza e sufficienza della motivazione: si tratta, quindi, di un atto nullo per difetto di motivazione.

All’assenza  di valutazione da parte degli uffici delle osservazioni del contribuente è equiparabile il rigetto delle stesse con clausole di mero stile e, cioè, con formule di rito che formalmente fanno riferimento alle memorie  difensive  ma  che,  nella  sostanza,  evitano  all’ufficio  di confrontarsi nel merito delle osservazioni formulate dal contribuente. L’ufficio, quindi, non può eludere il confronto e nulla dire in merito alle specifiche eccezioni della parte ricorrente le quali possono assumere significato dirimente agli effetti della controversia.  In caso contrario,  il diritto  di difesa del contribuente sarebbe totalmente privo di significato, come se la norma non esistesse; è evidente, infatti, che non avrebbe senso disciplinare una forma di  partecipazione  del contribuente se poi  l’amministrazione potesse tranquillamente ignorare le osservazioni dello stesso. E la forma di partecipazione prevista dallo Statuto ha tutti i connotati del contraddittorio in quanto va osservato che il contribuente può non solo presentare osservazioni ma anche fare richieste; si tratta, nel secondo caso,  di una  forma sostanziale  di interlocuzione  che garantisce  il contribuente ma che consente, allo stesso tempo, all’amministrazione finanziaria di migliorare l’esercizio della potestà impositiva attraverso un vaglio critico delle ragioni dei contribuenti.

 

Giusepper Lepore (giuseppelepore@tin.it)

Ragioniere Commercialista in Savona

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