L’Agenzia delle Entrate Riscossione (d’ora in poi ADER) sta letteralmente inondando l’Italia con miliardi di notifiche di atti della riscossione (cartelle esattoriali o intimazioni di pagamento) a mezzo pec (posta elettronica certificata).

Dal Trentino all’isola di Lampedusa incessantemente arrivano, a tutte le ore del giorno e della notte, alle pec comunicate ai pubblici registri di imprenditori (ditte individuali/artigiani), imprese, professionisti enti no profit.


ADER e le notifiche pec per vecchi crediti?

Queste cartelle esattoriali o le intimazioni di pagamento, vengono notificate con il preciso scopo di sospendere i termini di prescrizione dei ruoli e procedere, successivamente e nei termini di legge, a riscuotere i debiti erariali.

Diciamo subito che spesso, detti “debiti” non sono dovuti. 

Alle volte, anzi spesso, anche quando sono già maturati i termini di prescrizione si continuano a ricevere notifiche esattoriali. 

Questo perchè, non è consentito all’Agente della Riscossione procedere a sgravio esattoriale. Più semplicemente alla cancellazione del debito. Questo perchè l’Ente esattore è incaricato solo ed esclusivamente di incassare. Null’altro.

Addirittura, alle volte sono gli stessi Enti che sbagliano a formare i ruoli che vengono passati all’Agenzia delle Entrate Riscossione. 

Stiamo parlando, per intenderci di “debiti” erariali o previdenziali già pagati. 

Spesso la disattenzione, la noia, lo sconforto da parte del contribuente è l’arma vincente dell’apparato statale, che inesorabilmente arriva a mettere mano al portafogli del contribuente pur non avendone diritto.


C’è la possibilità di difendersi da una notifiche a mezzo pec dell’Ader?

La questione è molto delicata e chi riceve questi messaggi pec non può non prendere nella dovuta considerazione quanto notificato a mezzo pec dall’Agenzia dell’Entrate Riscossione.

Infatti, qualora non dovessero avviarsi i giudizi innanzi alle Commissioni Tributarie(per atti della riscossione riguardanti per esempio Iva, Ires, Irpef, Tari, Tarsu), oppure innanzi ai Giudici di Pace (per le sanzioni amministrative, multe al codice della strada), o ancora innanzi ai Tribunali (Giudice dell’esecuzione – pignoramenti presso terzi o, infine, del Giudice del Lavoro (contributi inps, Inail, Cassa geometri, Cassa avvocati, Empam, Inps gestione separata), il passo successivo che metterà in atto l’Agenzia delle Entrate Riscossione, è l’esecuzione.

Ovvero, l’Agenzia delle Entrate Riscossione avendo un titolo esecutivo regolarmente notificato potrà attivare il blocco dei conti correnti mediante pignoramenti presso terzi, oppure procedere a iscrizioni ipotecarie sugli immobili di proprietà, o, infine, bloccare amministrativamente i veicoli con le c.d. ganasce fiscali; fermi amministrativi sui veicoli. Insomma, è a rischio tutto il patrimonio. 

Questo possibilità durerà un anno dalla notifica in caso di cartelle esattoriali, mentre, sei mesi in caso di intimazioni di pagamento.

Pertanto, in caso di notifiche a mezzo pec da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, non bisogna rimanere “indifferenti“. 


La soluzione: contestare l’atto dell’Agenzia delle Entrate notificato a mezzo pec.

Ciò premesso, immaginando che chi legge questo articolo è perché ha necessità di capire se c’è soluzione al problema, prima di dare la soluzione tecnica al problema, rispondiamo in maniera affermativa

Si, contro le cartelle esattoriali notificate a mezzo pec si può fare qualcosa.

L’art 60 del DPR 600/1973 ha previsto la possibilità, per il Concessionario, di notificare i propri atti utilizzando la posta elettronica certificata, da inviarsi agli indirizzi pec, come risultanti da INI-PEC, dei destinatari. 

Tuttavia, tanto l’indirizzo del notificante, quanto quello del destinatario devono essere presenti nei pubblici registri.

Ricordiamo che i pubblici registri sono INI-PEC; Indice P.A.; Reginde.


Cosa ha detto la Cassazione in merito?

La questione è stata già risolta nel 2019 dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza nr. 1346/2019, favorevolmente per i contribuenti che così dispone:

La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante dai pubblici registri (identicamente CTP Taranto 401-402-4-03/2019 – Tribunale Torre Annunziata 1409/2018 e simili). 

E infatti, equiparato il messaggio pec da indirizzo pec certificato a una vera e propria raccomandata a.r. spedita per il tramite delle Poste Italiane, unico abilitato alla notifica degli atti tributari, la notifica pec di un messaggio elettronico effettuata da una casella non certificata e’ equiparata ad una spedizione dell’atto per il tramite di operatore postale privato e come tale, inesistente e non suscettibile di sanatoria , neppure ai sensi dell’art 156 c.p.c. a seguito della impugnazione da parte del contribuente (cosi Cass. 544 -14299 -1235 -1077 – 1220/2019 e simili)

Inoltre, il principio di cui sopra (le notifiche a mezzo Pec dell’Agenzia delle Entrate Riscossione possono e devono essere spedite da un indirizzo risultante da Pubblici Registri) non riguarda esclusivamente gli atti della riscossione, ma anche gli atti “sostanziali”.

Quindi, anche gli Enti come l’Agenzia delle Entrate, l’Inps e tutti gli apparati statali, qualora vogliano avvalersi della notifica a mezzo pec possono farlo esclusivamente utilizzando un indirizzo precedentemente comunicato ai Pubblici Registri. 

Per intenderci l’indirizzo pec, tanto di chi spedisce, tanto di chi riceve, deve essere presente nei registri pubblici come INI-Pec, Indice PP.AA. e Reginde.

Qualora ciò non dovesse essere, si deve procedere all’impugnazione dell’atto al fine di non consentire all’Agente della Riscossione di porre in essere attività dell’esecuzione. 

Qualora siano scaduti i termini per poter impugnare l’atto notificato a mezzo pec, non c’e da disperarsi. 

Si potrà sempre fare qualcosa.


Quali sono gli indirizzi da cui partono le notifiche illegittime?

Per le notifiche pec l’Ader – Agenzia delle Entrate Riscossione – ha attualmente comunicato ai pubblici registri solo 3 indirizzi di posta elettronica certificata ovvero:

protocollo@pec.agenziariscossione.gov. it (INI-P EC ed Indice P.A.);

fatturazloneelettronica@pec.agenziariscossione.gov. it (da Indice P.A.);

pct@pec.agenziariscossione.gov.it (da Reginde).

Ebbene, se l’indirizzo da cui è partita la pec contenente l’atto della riscossione non è tra questi, la notifica può e deve essere contestata.

Una ulteriore considerazione sul perchè debba procedersi alla contestazione riguarda anche la interruzione dei termini prescrizionali. 

Far annullare l’atto notificato illegittimamente significa eliminare di fatto l’atto interruttivo della prescrizione, con buona probabilità, quindi, di vedersi definitivamente cancellato il debito, le sanzioni, gli interessi e gli agi della riscossione.


Alcuni esempi di pec in uso all’agenzia delle Entrate Riscossione non iscritte nei pubblici registri:

NOTIFICA.ACC.(REGIONE DI RIFERIMENTO)@PEC.AGENZIARISCOSSIONE.GOV.IT

(REGIONE DI RIFERIMENTO).PROCEDURE.PRESSO.TERZI@PEC.AGENZIARISCOSSIONE.GOV.IT

Ebbene, in caso di notificazione a mezzo pec lo strumento giuridico c’è ed è molto forte. 

A titolo di cronaca riportiamo che pende un giudizio in Cassazione che verte su detta materia ma, stando a quelle che sono state le disposizioni iniziali, l’argomento non verrà trattato a Sezioni Unite.


Quanto costa impugnare un atto ricevuto con notifica a mezzo pec da parte dell’Ader?

Il costo dell’attività legale per potersi difendere contro notifiche atti inviati a mezzo pec da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione dipende dal valore dell’atto e della difficoltà dello stesso a seconda che sia una cartella esattoriale; una intimazione di pagamento; un pignoramento presso terzi; un fermo amministrativo; oppure una ipoteca giudiziale. 

Inoltre, poi, v’è da considerare la fase in cui si interviene. 

Si immagini di dover contrastare un pignoramento presso terzi e che le somme sono state già inviate dalla propria banca o dal proprio datore di lavoro all’agenzia delle Entrate Riscossione. 

Bisognerà agire in fretta e con precisione assoluta.

Tornando al costo, in sintesi, vi è una parte che è rappresentato dai bolli che dovranno acquistarsi per poter avviare il giudizio. Tecnicamente si chiamano contributi unificati. 

In materia Tributaria se ne dovrà pagare uno per ogni atto della riscossione. Più semplicemente uno per ogni pec.

Il contributo unificato è differente per valore in base al giudice che verrà interessato della vicenda.

Il costo è stabilito dalla legge ed è a scaglioni crescenti.

Oltre, quindi al contributo unificato si dovranno aggiungere gli onorari professionali. 

Anche questi sono parametrati secondo le tariffe nazionali forensi. 

Su internet si trovano facilmente siti che permettono di avere un rapido riscontro di massima. 

La tariffa è suddivisa sostanzialmente in tre categorie che rappresentano, infatti, la difficoltà del caso, tariffe a valori minimi, a valori medi e a valori massimi. 

Per legge il professionista dovrà preventivare in linea di massima il costo totale in modo tale da non avere sorprese.


Conclusioni

Ebbene, se avete ricevuto una pec da un indirizzo simile a quello innanzi indicato non c’è tempo da perdere. Bisogna attivarsi per procedere alla impugnazione dell’atto.


Leonardo Andriulo

Avvocato in in Francavilla Fontana – ANP Legal Managing Partner

Articolo originale pubblicato su Ora Legale News

.